È proprio un peccato che l’autostrada A4 Torino-Trieste, ma d’altra parte non lo fa nemmeno qualunque altra, non passi per la Sardegna. Perché chi produce beni lungo il suo tracciato, ha un grande mercato estero. Le prime cinque province più “internazionalizzate” d’Italia sono tutte lungo la A4: Milano al primo posto, seconda piazza per Torino, sul podio anche Vicenza, poi Bergamo sul quarto gradino e Brescia sul quinto. E tutte sono “servite” dalla autostrada numero 4. E nell’Isola, dove al massimo abbiamo la Carlo Felice, non spetta nemmeno una fetta della torta delle esportazioni.

Nel 2023 l’export italiano è rimasto stabile rispetto all’anno precedente: il suo controvalore è stimato in 626 miliardi di euro, secondo le rilevazioni ufficiali su cui il famosissimo Centro studi della Cgia (l’Associazione artigiani e piccole imprese) di Mestre ha approfondito la questione. Perché non siamo cresciuti, considerato che il valore del ’22 è pressoché uguale a quello dell’anno scorso? Secondo la Cgia, il motivo è il rallentamento della domanda internazionale unito allo sgonfiarsi dei prezzi alla produzione: sono tornate alla normalità le quotazioni delle materie prime dopo le criticità che hanno riguardato larga parte del 2023.

Comunque, le esportazioni italiane all’estero negli ultimi anni erano sempre cresciute. Rispetto al 2019, ad esempio, la crescita dell’export made in Italy è del 30,4%, e stiamo considerando il quinquennio. Se invece estendiamo le rilevazioni comparandole con quelle di quindici anni prima, dunque di quel 2008 che ha preceduto la grande caduta del commercio mondiale, l’aumento è stato addirittura del 70%. Questo dice l’elaborazione dei dati da parte della Cgia.

Dove siamo fortissimi? Sui macchinari, infatti la parte del leone l’hanno fatta i prodotti manifatturieri. Dei 626,2 miliardi di euro di export dell’anno scorso, la quasi totalità (il 95%, per un controvalore di 595,6 miliardi) è in questo settore. Proprio i macchinari ci hanno fatto salire la bilancia commerciale di 101,1 miliardi, piazzandosi al primo posto delle vendite italiane verso il mercato internazionale. Al secondo posto di questa graduatoria sono i prodotti farmaceutici (49,1 miliardi di euro) e gli autoveicoli (45,8). Rispetto al 2022, l’anno scorso tra i primi dieci prodotti di manifattura venduti all’estero hanno avuto un saldo negativo solo quelli chimici (-8,5%), metallurgici (-16,7%), in metallo (-1,3%), e pelletteria-calzature, dove la flessione è stata dello 0,7%. Tutto il resto è andato alla grande, per quanto riguarda le esportazioni dall’Italia.

Uno sguardo alla Sardegna, che è quindicesima tra le regioni italiani con il più alto valore delle esportazioni: peggio di noi, solo Umbria, Basilicata, il Molise, la Calabria e la Valle d’Aosta. I primi tre posti in classifica sono, nell’ordine, di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. E le aziende italiane che esportano all’estero, come principale cliente hanno la Germania (export pari a 74,6 miliardi di euro), seguita dagli Usa (secondi con 67,3 miliardi) e da Francia (63,4), Spagna (32,9) e Svizzera (30,5). Ultima, nelle classifiche delle cinquanta destinazioni più importanti dell’export è la Norvegia (2,1 miliardi di euro). I cinque Paesi in testa a questa graduatoria sono dunque i nostri principali sbocchi commerciali: è soprattutto lì, che il made in Italy porta ricchezza al nostro Paese.

Cagliari è la provincia sarda che esporta di più: 33° posto nella classifica nazionale, nel 2023 ha venduto all’estero per un controvalore di 6,169 miliardi di euro, ma nel ’22 l’aveva fatto per 8,395 miliardi. In fondo alla classifica le altre province isolane: Sassari al numero 99 con esportazioni per 235 milioni di euro, Nuoro 101esima con 185mila (in forte crescita, nel ’22 erano 94), il Sud Sardegna al numero 103 (134 milioni, contro i 169 del 2022) e Oristano per 82 milioni (uno in meno rispetto al ’22).

Tra i cinque campioni di acquisti italiani, la Germania sta attraversando un momento di crisi economica (sarà incredibile, ma succede anche ai tedeschi) che ci ha fatto diminuire le esportazioni il quel paese del 3,6%. Abbiamo perso un po’ anche in Svizzera che registra un meno 1,7%, però negli Stati Uniti d’America, in Francia e in Spagna la variazione del 2023 è stata positiva. In questo quadro, la Lombardia con 163,1 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con 85,1e il Veneto con 81,9, messi insieme costituiscono oltre la metà dell’export italiano.

Conforta il fatto che l’Italia si mantiene leader nelle 4A, che non è una particolare classifica bensì un gruppo di settori produttivi: Automazione-meccanica, Abbigliamento-moda, Alimentare e Arredo-casa. In questi settori, il “made in Italy” rimane una garanzia di successo non solo nell’export.

Detto questo, chi lo stabilisce se un prodotto è esportabile oppure no? Nella stragrande maggioranza dei casi la decisione è del produttore: molti hanno colto l’importanza di vendere all’estero per aumentare il margine e credono nel proprio prodotto, considerato che l’italianità in tutto il mondo è apprezzata per qualità, gusto, design, bellezza e cura dei dettagli. Sono le qualità delle 123mila imprese che esportano.

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