Correva l’estate dell’anno 1982. L’Italia aveva appena vinto i mondiali di calcio grazie all’exploit di Paolo Rossi e tre giovani tennisti cagliaritani, i fratelli Gianluca e Ludovico Mazza, e Stefano Vacca, all’epoca 14enni, volavano in Florida con una borsa piena di magliette, calze, racchette e speranze. Erano stati ammessi all’accademia di Nick Bollettieri, lo storico coach che è scomparso l’altro giorno all’età di 91 anni.

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«No», sorride Gianluca Mazza, «non volevamo diventare professionisti. Era stata un’idea di mio padre Giorgio, grande appassionato. D’estate, invece delle solito tran tran, ci mandò in Florida per un mese a studiare tennis. Una bella esperienza, soprattutto per un ragazzino come me. Ricordo il nostro arrivo: un caldo feroce, una distesa enorme di campi, ragazzini e tennisti da ogni parte del mondo, decine e decine di maestri e lui, Bollettieri, occhiali scuri, che dirigeva, coordinava, organizzava quella che era una autentica fabbrica di giocatori. Chi aveva le doti con quel metodo innovativo era impossibile che non emergesse. Noi evidentemente non eravamo certo aspiranti campioni, ma ho un ricordo bellissimo di quella esperienza».

Stefano Vacca e Gianluca Mazza nell'Accademia di Nick Bollettieri, estate del 1982 (foto concessa da Stefano Vacca e Gianluca Mazza)
Stefano Vacca e Gianluca Mazza nell'Accademia di Nick Bollettieri, estate del 1982 (foto concessa da Stefano Vacca e Gianluca Mazza)
Stefano Vacca e Gianluca Mazza nell'Accademia di Nick Bollettieri, estate del 1982 (foto concessa da Stefano Vacca e Gianluca Mazza)

Stefano Vacca ricorda i primi colpi giocati nell’Accademia di Bollettieri. «All’ingresso bisognava sostenere una sorta di provino, per capire il livello di gioco di tutti gli ammessi al camp. Noi eravamo abituati al Tennis club Cagliari, alla terra rossa. Mi posizionai un metro e mezzo oltre la linea di fondo, Bollettieri si avvicinò e mi disse: “Cosa ci fai laggiù? Gambe veloci, braccio veloce e piedi sulla linea di fondo”. Un’altra musica rispetto a quello che insegnavamo i maestri in Italia».

Bollettieri aveva origini italiane e tutte le sue otto mogli le ha portate in viaggio di nozze a Capri. Con il suo sistema ha fatto tanta strada, più di tutti: ha allenato dodici tra giocatori e giocatori che sono diventati numero uno al mondo e che hanno vinto 84 titoli del Grande slam (comprese le sorelle Serena e Venus Williams, Maria Sharapova, Monica Seles, Boris Becker e Pete Sampras. Ex marines, è considerato l’inventore del tennis moderno, “tira e corri”, impersonificato da Andrè Agassi, che nella sua famosa biografia “Open” scritta dal premio Pulitzer John Joseph "J.R." Moehringer non ha risparmiato critiche al suo ex maestro per i suoi metodi.

Stefano Vacca, 56 anni (foto concessa da Stefano Vacca)
Stefano Vacca, 56 anni (foto concessa da Stefano Vacca)
Stefano Vacca, 56 anni (foto concessa da Stefano Vacca)

Stefano Vacca ricorda che in quel mese vissuto con i due amici cagliaritani in Florida da Nick c’erano anche Gerulaitis e un giovanissimo Andrè Agassi. «Con Gianluca Mazza ci separarono anche per consentirci di imparare meglio l’inglese». Gianluca Mazza ricorda la presenza di Pat Duprè, l’inglese che fermò Adriano Panatta nei quarti a Wimbledon in un match storico anche perché la diretta televisiva da Londra fece rinviare l’inizio del telegiornale delle 20 del Tg1. «Ricordo – spiega Gianluca Mazza -  gli allenamenti durissimi, ore e ore di colpi ripetuti al cesto, schemi molto interessanti e innovativi. Non ricordo stravolgimenti tecnici o tattici del nostro gioco, ma un carico di lavoro enorme che premiava chi aveva già certe doti naturali. Era chiaro che quell’estate c’erano tanti ragazzi come noi poco più di semplici appassionati, ma in altri campi anche potenziali campioni che poi i tornei come Wimbledon li hanno vinti davvero. Bollettieri è stato un grande organizzatori, un innovatore, un uomo d’affari. L’anno successivo mio padre mi spedì per un altro mese di tennis sempre in Florida però da Harry Hopman, il famoso coach australiano che era considerato il migliore al mondo in quegli anni. Ecco, in quel frangente ho visto la differenza: il centro di Hopman era considerato all’avanguardia, quello di Bollettieri era in ascesa sia come metodo, sia come numeri e l’avrebbe poi surclassato: era il futuro».

Gianluca Mazza,  55 anni (foto concessa da Gianluca Mazza)
Gianluca Mazza,  55 anni (foto concessa da Gianluca Mazza)
Gianluca Mazza, 55 anni (foto concessa da Gianluca Mazza)

La leggenda narra di sveglie alle 4,30 del mattino e di giornate trascorse dall’alba al tramonto tra tennis, tennis e tanto tennis, nessuno svago se non qualche buca a golf dopo aver terminato gli allenamenti. «Noi – prosegue Ludovico Mazza – eravamo ragazzini ammessi a frequentare l’accademia per un mese, un po’ distanti dagli altri che vivevano in Florida tutto l’anno e che seguivano un determinato percorso tecnico e di allenamento. Non giocavamo con Agassi, tanto per intenderci. Ricordo però che si andava a letto molto presto, che i casermoni dei ragazzi erano separati fisicamente da quelli delle ragazze e che per noi lo svago a fine serata non era il golf, ma partite di calcio. L’Italia aveva vinto i Mondiali e volevano sfidarci tutti: azzurri contro il resto del mondo. Mio fratello Gianluca randellò poco cavallerescamente Gerulaitis che si infuriò: era tra i primi giocatori al mondo. Avanti agli occhi di Bollettieri non sognavamo i colpi bimani della Seles ma i gol di rapina di Paolo Rossi».

La squadra di calcetto dell'Italia organizzata nell'accademia di Bollettieri quarant'anni fa (foto concessa da Gianluca Mazza)
La squadra di calcetto dell'Italia organizzata nell'accademia di Bollettieri quarant'anni fa (foto concessa da Gianluca Mazza)
La squadra di calcetto dell'Italia organizzata nell'accademia di Bollettieri quarant'anni fa (foto concessa da Gianluca Mazza)

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