Nel mondo anglosassone lo chiamano self publishing. Un fenomeno nato circa 15 anni fa negli Stati Uniti e ormai conosciuto in tutto il mondo. Si è sviluppato inizialmente nelle grandi piattaforme del commercio digitale con la comparsa degli e-book, poi si è diffuso anche nel settore della carta stampata. E ha fatto presa non solo sugli autori di saggi e romanzi, ma anche sui fotografi.

«Il self publishing o autoproduzione, è la possibilità per il fotografo di produrre autonomamente i propri libri, senza l’intercessione di un editore, occupandosi completamente di ogni dinamica produttiva ed editoriale», scrive Stefano Pane in apertura del quattro capitolo del libro “L’editoria indipendente in Italia” pubblicata da Seipersei. «Lo sviluppo del self publishing ha negli anni considerevolmente trasformato il mondo della pubblicazione di libri fotografici, come osserva Chris Boot, direttore esecutivo di “Aperture” in “Understanding photobooks: “Dieci anni fa c’erano, secondo la mia stima, circa quaranta editori in tutto il mondo che un fotografo doveva persuadere se voleva fare uscire il suo libro sul mercato. Questo è completamente cambiato. Ora – è una banale verità – tutti fotografi sono editori”».

Immagini e suoni

L’autore del saggio a tal proposito fa un confronto con quanto accaduto nel mondo dei dischi. «Siamo di fronte a un processo simile rispetto a quello avvenuto nella musica; anni fa, prodursi un disco era complesso, muoversi autonomamente per produrre un lavoro qualitativamente alto richiedeva molto tempo ed era estremamente costoso. Tutta la produzione musicale si concentrava nelle mani delle poche case discografiche che disponevano dei mezzi economici e tecnologici», sottolinea Pane. Da qualche anno gli scenari sono cambiati radicalmente. Produrre un disco a basso costo tra le mura domestiche è possibile grazie alla tecnologia. Lo stesso accade nel mondo della fotografia. I fotografi «oltre alla costruzione del libro seguendo accuratamente tutte le fasi dell’editing, dovranno anche occuparsi della comunicazione e della distribuzione del proprio lavoro, istanze non sempre semplici da perseguire. In alcuni casi i fotografi prendono in considerazione l’utilizzo di piattaforme digitali che li accompagnano nella costruzione e nel confezionamento del proprio lavoro».

Il crowfdunding

Sono ormai tantissimi in tutto il mondo i fotografi che puntano sul cosiddetto crowdfunding (finanziamento collettivo, di solito attraverso Internet, di iniziative sociali, politiche e commerciali, secondo la definizione della Treccani). In rete ci sono centinaia di piattaforme che offrono questi servizi. In Italia nel 2021 è nato Selfselfbook. «Nasce dall’esigenza – si legge nel sito ufficiale dell’azienda - di creare una struttura e una community che possano supportare giovani autori e fotografi più affermati nella realizzazione dei loro progetti fotografici. Si tratta di una piattaforma digitale indipendente, completamente sviluppata e gestita da un team dedicato che si occupa di selezionare e sviluppare prodotti editoriali fotografici attraverso il metodo del crowdfunding, permettendo a ciascun autore coinvolto di raccogliere i fondi necessari alla stampa del proprio libro. I lavori selezionati dalla piattaforma vengono seguiti a trecentosessanta gradi, dall’ideazione alla distribuzione, supportando i fotografi nella gestione del proprio lavoro, nella progettazione del prodotto editoriale e nella creazione e gestione della campagna di prevendita del libro».

Costi e obiettivi

I costi per la realizzazione di libri fotografici attraverso il crowdfunding variano a seconda del tipo di prodotto editoriale. Bisogna tenere conto del numero di pagine, del tipo di copertina, della qualità della carta da utilizzare, delle spese per la grafica. Insomma, una serie di variabili che alla fine contribuiscono a determinare il prezzo di copertina. Accade spesso che molti fotografi realizzino anche una sola copia del lavoro per partecipare ai concorsi nei quali viene richiesto un prodotto cartaceo da alleare alla domanda di partecipazione. Ci sono poi tantissimi autori che preferiscono puntare su pubblicazioni a tiratura limitata per contenere ancora di più i costi. Sono ormai numerosi i fotografi per puntano sul self publishing e vendono le opere sulle grandi piattaforme del commercio elettronico. Per dirla con Chris Boot «tutti i fotografi sono editori».

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