“Gli Stati Uniti incentivano, i cinesi pianificano, gli europei regolamentano”.  Insomma, il mercato è globale ma se produrre auto in Europa è più costoso il futuro dell’industria automobilistica continentale non può che essere incerto.

Le parole di Luca De Meo, amministratore delegato del Gruppo Renault e presidente dell'Associazione europea dei costruttori di automobili, scuotono i ministri degli esteri dell’Unione a pochi mesi dalle elezioni europee.

“Mentre la Cina sembra stia distribuendo sussidi sempre maggiori ai propri costruttori, tra 110 e 160 miliardi di euro fino al 2022, e negli Stati Uniti sono stati concessi 40 miliardi di dollari in crediti d'imposta per lo sviluppo di tecnologie produttive verdi, un programma di questo tipo non solo non esiste in Europa, ma anzi "da qui al 2030 le varie direzioni della Commissione europea introdurranno da 8 a 10 nuovi regolamenti all'anno", ha detto De Meo.

Il Ceo di Renault fa un esempio concreto: per un'auto di segmento C, oggi, il vantaggio in termini di costi per i cinesi è pari a 6-7.000 euro, il 25% del prezzo totale. D'altra parte, lo spostamento verso l'Asia è tangibile e con l'avvento dell'elettrificazione l'accelerazione non può che aumentare. Il 4% delle vendite di veicoli elettrici in Europa è realizzato da marche cinesi, nel 2023 il 35% dei veicoli elettrici esportati in tutto il mondo era di provenienza cinese. Guardatevi attorno, sino a un anno fa le auto cinesi in Italia non esistevano, oggi c’è un’invasione.

Non solo: nel Paese asiatico il ciclo di sviluppo di un'auto è 1,5-2 anni, la metà dei 3-5 anni registrati in Europa. Un problema non solo industriale, ma in prospettiva anche sociale.

De Meo ricorda che sono 13 milioni le persone impiegate nel settore in Europa, il 7% della forza lavoro totale del Vecchio Continente, con 102 milioni di euro di saldo commerciale positivo tra l'Europa e il resto del mondo. Un settore nevralgico, dunque, nei confronti del quale il numero uno dei rappresentanti delle case automobilistiche europee lamenta un supporto inesistente e una enorme quantità di norme. "L'obiettivo dell'onere normativo è quello di fare dell'Europa un campione di tutela dell'ambiente" ma "gli altri blocchi commerciali tardano a seguire l'esempio, e ciò sta penalizzando la competitività delle imprese" dell'Unione che dipende dalla Cina per le forniture di litio, nichel e cobalto e da Taiwan per i semiconduttori. Il manager italiano suggerisce di gestire al meglio le relazioni con la Cina, perché "chiudere completamente la porta sarebbe la peggiore risposta".

Per il numero uno di Renault “la transizione ecologica è uno sport di squadra” e "l'industria automobilistica europea può in breve tempo diventare la soluzione alle sfide del continente”. Da qui l’appello a decisori politici, amministratori, cittadini europei, Ong, protagonisti dei settori dell'energia, del software, del digitale, e non solo, affinché si attivino per collaborare alla creazione di un nuovo ecosistema della mobilità in Europa.

La lettera contiene sette raccomandazioni e otto misure per sviluppare una vera e propria politica industriale europea, competitiva e decarbonizzata: "Un modello ibrido", ad esempio coinvolgendo "le maggiori 200 città europee nell'elaborazione della strategia di decarbonizzazione", creando aree economiche verdi» in cui si possano concentrare gli investimenti e gli incentivi per la transizione energetica. All'avanguardia della rivoluzione elettrica, De Meo propone, infine, il lancio di dieci grandi progetti europei in ambiti strategici, che vanno ben oltre l'industria automobilistica: promuovere le piccole auto europee, come sostiene da sempre, ma anche rivoluzionare le consegne dell'ultimo miglio, sviluppare le infrastrutture di ricarica e la tecnologia V2G, aumentare la competitività dell'Europa nel settore dei semiconduttori.

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