I riti della Settimana Santa in Sardegna sono un mix fra tradizioni pagane e religiose, che si contaminano in celebrazioni ancora oggi pervase di grande fascino e mistero.

Affondano le radici nei riti arcaici delle popolazioni del Mediterraneo, legati alla terra e al susseguirsi delle stagioni, che si fondono con il cristianesimo e con il periodo della dominazione spagnola, che ha contribuito ad arricchirli e a renderli teatrali e densi di mistero. Tante le sfilate caratterizzate da un incedere lento di persone con volti coperti da cappucci o veli.

La Settimana Santa viene commemorata ovunque, ma le celebrazioni più ricche e spettacolari, che richiamano anche diversi turisti, le troviamo a Cagliari, Alghero, Iglesias, Cuglieri e Castelsardo. Da segnalare anche riti e processioni di Bolotana, Oristano, Villacidro, Bosa, Bortigali, Sassari, Mamoiada, Oliena, Orosei, Ossi, Ottana, Desulo, Sarule, Bortigali, Santulussurgiu, Aidomaggiore, Scano di Montiferro, Domusnovas, Sorso, Aggius.

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Domenica delle Palme

Dà inizio alla Settimana Santa e in Sardegna è più sentita che in molti altri posti. La domenica celebra l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e l’accoglienza trionfale del popolo con rami di palme d’ulivo.

Nell’Isola si usa intrecciare le palme, e l’intrecciatore è un vero e proprio artista che con grande abilità piega e incastra le foglie assemblando simboli e motivi ornamentali delle forme più varie e complesse, ognuna con il suo profondo significato.

Come si legge nella scheda intitolata L’intreccio religioso del Museo dell’intreccio mediterraneo (Mim) di Castelsardo (Sassari), attorno alla palma si intrecciano credenze popolari che vanno al di là dell’accompagnamento liturgico delle celebrazioni del periodo pasquale: «Nella tradizione sarda inoltre i ramoscelli di palma e di ulivo benedetti acquistano la virtù di difendere la persona e le cose dalle insidie del demonio. Da qui la pratica di porre la palma intrecciata in luogo predestinato della casa; la tradizione di regalare il manufatto intrecciato come buon auspicio di pace o contro mali fisici e interiori e a Santa Giusta il popolare posizionamento della treccia di palma a protezione dei fassonis (antiche imbarcazioni da pesca costruite con le canne)».

Per non violare la sacralità le palme intrecciate e benedette non vanno gettate, ma bruciate. E in alcuni luoghi diventano anche le Ceneri per l’inizio della Quaresima dell’anno successivo.

Sos Sepurcros

Giovedì c’è il rituale dei Sepolcri, l’allestimento delle chiese i cui altari vengono decorati con fiori, rami e germogli di grano. Una menzione particolare tra le decorazioni la meritano i nenneros, o nenniris, piatti nei quali, al buio, vengono dall’inizio della Quaresima fatti germogliare dei chicchi fino a formare dei ciuffi d’erba, piantine decorative molto caratteristiche.

La base di questo rituale riguarda l’allestimento delle chiese, dove gli altari vengono decorati, solitamente con fiori, rami e soprattutto germogli di grano.

Tra le decorazioni in realtà meritano qualche riga speciale i nenneros (o nenniris), dei piatti nei quali, al buio, vengono fatti germogliare dei chicchi, fino a formare dei ciuffi d’erba. Delle vere e proprie piantine decorative molto caratteristiche.

Rito, quest’ultimo tipico del Cagliaritano dove i nenneros venivano donati ai vicini come augurio di buona salute.

Queste chiese così allestite verranno poi visitate in processione dalle confraternite, ma restano aperte per tutto il periodo e solitamente molti turisti e persone del posto si recano a visitarle. 

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Is Misterius

Sono i sette momenti più rappresentativi della Passione di Cristo, rappresentati da sette simulacri che devono essere portati in altrettante chiese dalla Madonna vestita a lutto. Rappresentano: Gesù in preghiera al Getsemani, Gesù arrestato, Gesù alla colonna della flagellazione, Gesù schernito, Gesù caricato della croce, Gesù sotto la croce, Gesù crocifisso e la Madonna addolorata. La processione si svolge nell’ultimo venerdì di Quaresima, quello che precede la domenica delle Palme.

S’Incravamentu e S’iscravamentu

Le due funzioni del Venerdì Santo sono tra le più belle ed emozionanti della Settimana.

La tragica rappresentazione de S’Incravamentu è un rito struggente e malinconico, si tratta dell’inchiodamento del Cristo alla croce, che viene praticato in tutti i paesi con poche varianti.

Dei simulacri snodabili, spesso realizzati da scultori specializzati tra XVIII e XIX secolo, rendono la messa in scena più realistica. Il Cristo viene innalzato con fasce o lenzuola bianche e inchiodato a una croce issata su un albero dai Confratelli. Gesti lenti e canti tradizionali drammatizzano la rappresentazione, a volte c’è un predicatore che la commenta in limba mentre i canti del Miserere e dello Stabat Mater risuonano per le vie e nelle chiese.

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S’Iscravamentu è invece la deposizione del Cristo dalla croce, si celebra di solito il venerdì sera. Il rito in genere inizia con una processione. Due Confratelli impersonano Nicodemo e Giuseppe d’Arimatèa, su due vassoi portano martello e tenaglie e una striscia di lino bianco che useranno per deporre Gesù dalla croce. Ad aiutarli nel compito altri Confratelli che impersonano San Giovanni e Maria Maddalena o bambini vestiti da angeli. Altri Confratelli trasportano il feretro in cui sarà deposto il Cristo Morto.

Nicodemo e Giuseppe d’Arimatèa tolgono la corona di spine dal capo del Cristo, la mostrano al popolo e la depongono ai piedi o sul capo della Madonna. Poi tolgono i chiodi, li depongono sul vassoio e li presentano alla Vergine, poi il Cristo scende tra le braccia dei fratelli. E mentre i cantori intonano il Miserere Gesù viene riposto nel feretro ornato di fiori e poi condotto in processione al sepolcro. Un Confratello veglierà sino all’alba in attesa della Resurrezione.

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S’Incontru

Avviene la domenica di Pasqua e rappresenta l’incontro di Criso con la Vergine Maria. Maria, vestita a lutto con un manto nero, e Crsito peregrinano per le strade tra la folla in festa, chiaro simbolo della costante ricerca tra i due, che poi arrivano ad incontrarsi di solito nella piazza principale.

Con l’incontro la statua della Vergine viene spogliata del velo nero e i due simulacri vengono avvicinati, a simulare un bacio materno. La Pasqua trova così la sua piena celebrazione e il Cristo Risorto viene acclamato a gran voce. Questo rito fu introdotto dagli invasori spagnoli nel Quattrocento, ancora oggi è in molte città sarde il simbolo della gioia della Resurrezione.

Piatti e dolci tipici

Alle tradizioni si accompagnano i piatti e i dolci tipici per festeggiare questa ricorrenza in Sardegna.

A partire dal pane: Su coccoi, vera opera d’arte, un pane di semola di grano duro di varie grandezze e forme rifinito con preziose decorazioni; Sa Pippia è una bambolina di pane con sette gambe che viene regalata ai bimbi la Domenica delle Palme, i bambini staccano una gamba al giorno rendendosi così conto di quanto manca alla festa; la Panada è un grande classico, cestino di pane usato come “pentola” al cui interno cucinare gli alimenti, per la Pasqua si prepara con agnello e carciofi.

Tra le carni tipiche abbiamo il capretto, cotto nel camino o allo spiedo, e il simbolo della Pasqua, l’agnello sardo Igp. Un piatto particolare a base di agnello è “sa tratalia”.

Alcuni dolci: le Casadinas o Pardulas, a base di ricotta o formaggio fresco con l’aggiunta di aromi come zafferano e arancio. E ancora il Gattò, un croccante di mandorle, i Piricchitus, dolci al limone, le Papassinas, a base di farina, uova, uva passa, strutto, noci tritate e mandorle. In Gallura e nel Logudoro sono molto usate le Tiliccas, dolci ripieni di mosto dalle più svariate forme.

(Unioneonline/L)

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