Mei: «A Los Angeles l’atletica sarà più forte, no alle critiche da chi vinceva 0 medaglie»
In vacanza a Villasimius, il presidente Fidal ed ex mezzofondista parla a tutto campo: da Tamberi a Nappi, dagli investimenti ai problemiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Con le vittorie nella Coppa Europa assoluta ma anche negli Europei Under 20 e nell’Eyof (Under 18), l’atletica italiana permette al presidente federale Stefano Mei di potersi godere serenamente qualche giorno di ferie a Villasimius. La goliardica competizione tra presidenti federali la vede in lotta per le posizioni di testa.
Atletica, tennis, nuoto, basket, volley: qual è lo sport italiano più vincente in questo momento?
«Ma sono discipline diverse! Nessuna, forse neppure il calcio, ha la diffusione dell’atletica che praticano tutti nel mondo, dall’isola sperduta al grande paese continentale. Siamo in un momento d’oro, paradossalmente meglio di Tokyo, anche se lì l’impatto mediatico è stato più importante, Ma abbiamo avuto 4 giornate di atletica Junior in diretta tv ed è una cosa che neppure ai miei tempi con i grandi campioni che c’erano, non era mai venuta in mente; è un indice dell’interesse per la nostra disciplina. E poi se arriva uno da Marte e vede il tennis lo capisce subito, l’atletica presenta difficoltà maggiori a comprendere il gesto tecnico. Ma sia chiaro, come tutti gli italiani anch’io tifo per Sinner. Sarei stato curioso di vedere cosa sarebbe successo se Sinner e Tamberi fossero stati in contemporanea. Però è una bella competizione sportiva, ma siamo tutti uniti».
Atleti, tecnici, dirigenti: quale è la forza dell’atletica italiana?
«Credo la compattezza del movimento. Qualcuno ha storto il naso quando abbiamo vinto le elezioni federali, pensando che non ci sarebbe stato pluralismo. Invece stiamo dimostrando che avere maggiore unità di intenti e meno polemiche crea le premesse per fare tutto con tranquillità. Poi ci sono quelli delle polemica a tutti i costi… ma se gli addetti ai lavori leggessero le sentenze capirebbero quanto pretestuosi sono alcuni interventi, anche di giornalisti famosi. Se ci si documentasse, si capirebbe che non ci sono reati d’opinione e anche se è aumentato il ricorso alla giustizia sportiva, va ricordato che mai come in questi quattro anni ci sono stati attacchi alla federazione e al presidente. Ma quando sono chiacchiere da Facebook, senza fondamento, quando ti accusano di scarsa etica e poca trasparenza ci sarà sempre una reazione. Faccio un esempio: un alto dirigente del Coni su un libro si è permesso di scrivere insulti gratuiti, anche nel confronti del presidente del Coni ed è chiaro che intervenga la giustizia sportiva».
Torniamo alla stagione in corso...
«Da questo inverno in poi abbiamo assistito a cose mirabili, con la vittoria della Coppa Europa e delle classifiche di Europei Under 18 Eyof e Under 20, e buone cose dagli Under 23. La Coppa Europa viene sottostimata, ma la frammentazione dell’universo sovietico ha portato ad avere più avversari. Manca l’ultima a tappa che è Tokyo, l’appuntamento più importante della stagione. Abbiamo tutti negli occhi le giornate del 2021. Non mi avventurerò più nei pronostici: avevo parlato di 8 medaglie potenziali e ne abbiamo preso 3, più 5 quarti posti e 17 finalisti. I tecnici del passato hanno criticato ma loro tornavano a casa con zero medaglie. Certe volte quasi mi imbarazzo a sentire certi commenti, che Parigi è stata una delusione. Capirei se li facesse Nebiolo, ma quando le critiche arrivano da chi non ha vinto niente spendendo in proporzione quello che spendiamo noi».
Come sono i bilanci?
«Tranne un anno, sono sempre in attivo, anche se abbiamo quasi raddoppiato i costi delle attività, investendo sui tecnici e sulle società: ben 150 secondo una graduatoria di merito e altre 400 con progetti, cosa mai successa prima. Abbiamo gestito le risorse pensando al bene dell’atletica e cercato di colmare la distanza tra la periferia e il centro. È chiaro che restano dei problemi. Abbiamo cercato di dare alle prove multiple una dignità, dando un responsabile di settore e più risorse, pensando di fare un campionato a parte per dar loro un palcoscenico esclusivo. Purtroppo la coperta è corta, qualcosa è andato male per le prove multiple, ma sono più gli aspetti positivi. Anche il cambiamento richiede tempo».
A Tampere 6 ori, 3 argenti e 5 bronzi Under 20: quanto valgono in chiave futura?
«Non tutti gli atleti saranno protagonisti in futuro ma questo capitava anche ai miei tempi. Le società sul territorio lavorano bene, forse prima la federazione non riusciva a intercettare e sostenere questi talenti e spesso c’era un depauperamento. Dobbiamo essere bravi a non disperderli ma credo che parecchie di questa medaglie possano avere un futuro e anche chi è arrivato quarto o quinto».
Da Tokyo a Tokyo: dopo 4 anni come procede il rinnovamento?
«Procede come deve essere quando ci sono dinamiche di aggiornamento. Ci vuole tempo ma quello che sempre resta è che abbiamo un gran numero di talenti. In questi quattro anni abbiamo dimostrato di essere bravi ad accompagnarne la crescita».
E se Tamberi e Jacobs non ce la facessero?
«Avremmo due campioni olimpici che non tornano sulla pedana dove hanno fatto la storia, soprattutto nel caso di Jacobs. Di Gimbo sapevamo che in questi mesi doveva recuperare situazioni che in quattro anni aveva tenuto in sospeso serrando i denti. È da 14 anni che fa risultati in una disciplina che espone a grandi sollecitazioni e lui ogni anno ha piazzato un risultato importante. Mi aveva detto che avrebbe provato a recuperare. Potrebbe essere che arriveremo sotto i Mondiali e sarà lui a decidere cosa fare: noi non gli chiediamo niente. L’ho sentito al telefono, Camila è la sua più bella medaglia e gli cambierà la prospettiva su tutto. Marcell invece ha avuto una nuova lesione, gli ho chiesto detto di venire a Roma perché dobbiamo garantire a tutti che a Tokyo vada senza problemi».
A proposito, la Sardegna continua a offrire velocisti: Nappi, Frattaroli, ma non solo…
«Nappi lo conoscevamo già dall’oro agli Europei Under 18. Quando gli ho visto vincere i 200 a Tampere con tre metri di vantaggio ho sentito Di Mulo e gli ho suggerito di convocarlo per il raduno delle staffette. Stessa cosa per Kelly Doualla, ma lei è più giovane e ho lasciato che fossero lei, la sua famiglia e l’allenatore a decidere. Hanno preferito rinunciare, ma Nappi è più grande, ha compiuto diciotto anni proprio il giorno dopo la gara, e merita di esserci. Poi c’è Laura Frattaroli, c’è Dalia Kaddari che è tornata a correre forte: noi seguiamo con grande attenzione gli atleti sardi, ne parlavo in questi giorni con Granfranco Dotta e Aldo Medea. Capisco cosa significa allenarsi in un’isola. Vedo Patta, capisco che sia bello allenarsi a casa ma se hai un problema è un po’ più difficile spostarsi a Roma. A proposito di Lorenzo: quello che lui ha fatto a Madrid, completando la gara nonostante l’infortunio per portare il punto alla squadra è stata una cosa bellissima, non l’avrebbero fatta tutti».
Ci siamo riscoperti mezzofondisti veloci: è il suo campo, da cosa dipende?
«I talenti ci sono sempre stati, forse le indicazioni tecniche li portavano ad allungare subito la distanza se non vedevano miglioramenti. Ma a volte bisogna insistere. Faccio un esempio: se Crippa non vince nei 5000 non è detto che in maratona colmi il gap. La soluzione non è sempre passare a distanze più lunghe. Certe volte bisogna magari riprovare un altro anno, poi per allungare c’è sempre tempo perché le caratteristiche della resistenza le puoi allenare sempre, anche alla mia età. Ma naturalmente io parlo da appassionato, non sono un tecnico. Però adesso abbiamo tre ottocentisti competitivi e tre millecinquecentisti che si avvicinano ai migliori».
Stefano Baldini evidenziava carenze nella Maratona: esiste un problema?
«Sì perché è anche un fatto di cicli. Noi non siamo gli Stati Uniti o (per la maratona) il Kenya che hanno bacini enormi. Noi viviamo di cicli: a Tokyo 2021 eravamo forti nella velocità, adesso lo siamo nei salti. Dobbiamo accettare che vada così e che certe specialità abbiano momenti in cui crescono di meno. E comunque qualche nome ce l’abbiamo per fare un buon Mondiale, anche se magari non per vincere».
A Los Angeles l’Italia sarà più forte che a Parigi?
«Secondo me sì, cambieranno i protagonisti, qualcuno sarà più anziano. Anche nella marcia stanno arrivando i talenti per rimpiazzare Stano e Palmisano. Gli Europei sono un buon segnale. Vediamo come assorbiamo il ricambio. Le medaglie sono sempre difficili ma ci proviamo».
Il Comitato Sardo è commissariato dallo scorso 8 dicembre: cosa succede?
«Non posso scendere nei dettagli perché ci sono procedimenti in corso. Credo che a breve sarà fissata la data per l’assemblea perché le situazioni che hanno portato al commissariamento stanno per essere chiuse. Se uno non è in malafede, non può pensare che ci siamo divertiti a commissariare la Sardegna. Non è mai bello avere una regione commissariata. In passato la Sicilia lo è stata per due anni e mezzo, ma certe volte gli atteggiamenti variano a seconda di chi fa le cose. Abbiamo dovuto a malincuore prendere questa decisione, c’erano inadempienze che sono al vaglio di chi dovrà decidere e, non so se a inizio novembre o quando, ci sarà l’assemblea. Alla prossima governance dobbiamo consegnare una regione che non abbia problemi. Dobbiamo ripartire come un libro bianco e ringrazio Alessio Piscini, Alessandro Londi, Aldo Medea, l’attuale facente funzioni di segretario Gianluca Zuddas che si sono impegnati. È chiaro che 40 anni dello stesso governo hanno portato certe procedure ma chi arriva dopo e deve mettere mano alle cose, magari ha altri metodi e trova difficoltà».