Le tappe del cuore: domani al Sant'Elia arriva l'Atalanta, la squadra in cui il ragazzino è diventato uomo, mercoledì il ritorno allo J-Stadium, dove l'uomo si è trasformato in talismano bianconero. Cuore e batticuore per Simone Padoin, che in tre giorni vivrà il suo personale tour nostalgico.

Aspettando la Juventus, il calendario sbatte in faccia al centrocampista del Cagliari i colori che hanno segnato la sua carriera da calciatore e non solo. Ma domenica quella nerazzurra sarà per lui una squadra qualsiasi. «Dobbiamo vincere», ha già avvisato una settimana fa, dopo il ko di Bologna. Perché a Torino ha imparato che l'importante non è partecipare ma vincere. E questa "malattia" vuole passarla anche al Cagliari.

BERGAMO MON AMOUR Bergamo per Padoin è casa dolce casa. Il ragazzino di Gemona del Friuli sbarcò in città appena quattordicenne. La crescita in uno dei settori giovanili più fecondi d'Italia, gli studi al Liceo Scientifico "Leonardo da Vinci", dove nel 2003 può mettere in bacheca il suo primo grande trofeo, il diploma di maturità. In riva al Serio, il Pado capisce che il suo futuro può essere su un campo di calcio, conquistando con la Primavera la Coppa Italia di categoria. Per diventare calciatore vero, però, emigra a Vicenza, dove gioca e corre quattro anni, prima di rientrare alla base.

E a Bergamo nasce il centrocampista tuttofare, quello che «fa la fortuna di ogni allenatore», come dice spesso Stefano Colantuono, suo tecnico nell'ultimo anno e mezzo in nerazzurro. Padoin diventa il leader della squadra, ovunque lo metti fa e fa pure bene: terzino, centrale o esterno di centrocampo, destra o sinistra, Simone il friulano è sempre tra i migliori. In quattro stagioni mette insieme 137 presenze, tre stagioni in A e una in B, con l'immediato ritorno in Paradiso.

LA CHIAMATA Nell'Atalanta è un'istituzione, ma quando la Juve lo chiama a Torino nel gennaio del 2012, il Pado non può che rispondere «obbedisco». Antonio Conte in lui ha individuato le stimmate del soldatino, quello che in silenzio dà tutto per la causa, l'ideale in mezzo a talenti che giocano di tacco e punta. Saluta la squadra del presidente Antonio Percassi, dove ha dato anima e polmoni in 161 partite, tra campionato e Coppa Italia, ma non Bergamo, ormai la sua città, dove sposa la moglie Valentina e apre un negozio di abbigliamento femminile, il "Simone Padoin Atelier".

I TRIONFI SOTTO LA MOLE A Torino diventa il "Talismano", dando il suo contributo da cursore silenzioso nella conquista di cinque scudetti, due coppe Italia e tre supercoppe italiane. Ma per tuffarsi nell'emozione bianconera c'è tempo.

Ora meglio concentrarsi sull'Atalanta. Uno come lui difficilmente si farà bloccare dai sentimenti, la Dea l'ha già incontrata dodici volte, battendola in sette circostanze. E domani l'unico pensiero stupendo avrà i colori rossoblù, quelli del Cagliari, la "sua" squadra, quella che lo ha voluto con forza fin dalla fine della passata stagione.

VIETATO SBAGLIARE La sfida al passato l'ha lanciata domenica scorsa, uscendo sconfitto dagli spogliatoi del "Dall'Ara": «Con l'Atalanta sarà già una partita decisiva e, in casa, dovremo fare più punti possibile». Poche parole, ma pesanti, come si conviene a un leader, di quelli che l'esempio lo danno sul campo, presentandosi agli allenamenti in anticipo e andando via per ultimi. Come ha sempre fatto nella sua carriera da gregario. «Dobbiamo essere più cattivi, più ignoranti. E ho le mie responsabilità, perché sono tra i più esperti e devo trasmettere questa cattiveria al gruppo».

THE EYE OF TIGER L'occhio della tigre puntato sull'avversario. Un avversario che, per Simone Padoin, per 90 minuti non avrà nome, ma un solo destino, quello di uscire sconfitto dal Sant'Elia. A fine gara, il Pado ricorderà la sua Atalanta, abbraccerà gli amici e magari inizierà a pensare a quello che lo attende a Torino. Ma questa è tutta un'altra storia.

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