Doppia tecnica per la rinascita. È quella utilizzata, per la prima volta a Sassari, in modo da restituire la corretta deambulazione a una paziente sessantenne con alcune fratture vertebrali da osteoporosi. Tra gli elementi del piccolo miracolo, compiuto dall’équipe della Radiologia Interventistica dell’Aou, un materiale chiamato polimetilmetacrilato. «O volgarmente detto cemento - riferisce il direttore di Scienze Radiologiche e artefice dell’operazione chirurgica Salvatore Masala - Lo si inietta per riempire la cavità vertebrale».

Introducendolo nei vuoti provocati dalla patologia degenerativa ma solo in un secondo momento rispetto all’incipit fondamentale dell’intervento. Che consiste nel rialzare in primis le vertebre per inserire il device intrasomatico. Un percorso codificato sotto la dicitura di “vertebral augmentation” e che, affiancato alla vertebro-plastica, giustifica il nome di “doppia tecnica”. «In questo caso quindi - aggiunge il docente sassarese, uno dei pionieri dell’interventistica spinale in Italia - bisognava prima rialzare il corpo vertebrale crollato per poi inserire i 3 cc di acrilato».

Un’opera mini-invasiva, che non contempla incisioni sulla cute, né punti di sutura, e viene effettuata in anestesia locale. «Alla scelta dell’intervento si è arrivati in seguito a un trattamento conservativo - puntualizza il professore – che ha visto la signora indossare un busto per un certo tempo. Ma il dolore persisteva e la sala operatoria è divenuta così l’unica chance».

Con un’operazione a livello dorsale, sull’undicesima e dodicesima vertebra, e al termine di un iter iniziato con lo studio della storia clinica della paziente sassarese, così da valutarne l’anamnesi. «In seguito si effettua da prassi una radiografia e una risonanza magnetica, anche se adesso utilizziamo una nuova tecnica, di tomografia computerizzata, che si chiama spectral tc». Ultimo ritrovato della medicina che sfrutta l’intelligenza artificiale per esaminare chi porta un pace-maker senza passare per l’appunto dalla risonanza. Ed è tra i punti di forza di uno dei macchinari di nuova generazione acquisiti dall’Azienda, frutto di un deciso rinnovamento tecnologico.

«Abbiamo operato in sala angiografica con l’ausilio di un apparecchio, il più performante al mondo, capace di ricostruzioni tridimensionali e il cui costo viaggia sul milione di euro». Molteplici le potenzialità cliniche tra cui, oltre all’estrema precisione delle immagini, il suo impiego nella scansione cardiaca, a favore anche di pazienti pediatrici e con trauma. Ma alla dotazione complessiva delle macchine bisogna aggiungere pure un nuovo mammografo digitale, dalla tomosintesi 3D e dual energy con mezzo di contrasto unico in Sardegna.

Si superano invece i confini isolani con l’ecografo dal sistema AI: «È il primo a essere collocato in una struttura del sistema sanitario nazionale». In arrivo infine due apparecchi per la risonanza magnetica, ottenuti grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e che vanno a completare un corredo tecnologico, dichiara Masala, «al passo con la rivoluzione industriale e che ci consente di dare ai pazienti una risposta sia dal punto di vista clinico che della prevenzione».

In attesa di ulteriori operazioni chirurgiche come quella descritta di cui però è difficile prevedere una stima numerica su scala annuale. «Abbiamo tante frecce al nostro arco e useremo quella più consona alla tipologia di paziente che si presenterà. Tutto dipenderà dalla frattura da curare». Di sicuro vi è la sinergia, ribadita anche nel caso citato, tra Radiologia Interventistica, la Clinica di ortopedia diretta dal professor Doria e il team di Anestesia seguito dal professor Terragni. «Perché bisogna valutare insieme la terapia osteoporotica, che chi si sottopone all’intervento deve fare per forza, e quella del dolore».

Sono possibili complicazioni? «Con i nostri strumenti è impossibile sbagliare. Certo, è un intervento realizzabile solo con una tecnologia di altissimo livello». Che all’Aou di Sassari non manca.

Emanuele Floris

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