Esenzione Imu agraria estesa alle compartecipazioni
Verso la scadenza il termine per il conguaglio relativo al 2025(Ansa)
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Le norme che prevedono l’esenzione Imu a favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, sia pure se di semplice applicazione, nel recente passato hanno originato contrasti per i quali è stata più volte scomodata la Suprema Corte e che, in alcuni casi, sono culminati in norme di interpretazione autentica. Si pensi all’articolo 16-ter del Dl 34/2019 per le società agricole e all’articolo 78-bis del Dl 104/2020 relativo ai coadiuvanti familiari, ai soci di società di persone agricole e ai pensionati coltivatori diretti.
In vista della scadenza del prossimo 16 dicembre, relativa al conguaglio 2025, è bene rammentare che, a legislazione vigente, l’articolo 1, comma 758, lett. a), della legge 160/2019 subordina l’esenzione al rispetto di requisiti soggettivi e oggettivi: qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale iscritto nella previdenza agricola (comprese le società agricole); possesso e conduzione del fondo; persistenza dell’utilizzazione agro-silvo-pastorale.
Il Dipartimento delle Finanze del Mef, con la risoluzione 4/Df/2023, ha chiarito che non comporta distrazione del requisito della diretta conduzione la coltivazione congiunta con altra impresa agricola in forza di un contratto di compartecipazione agraria di cui all’articolo 56 della legge 203/1982 o di un contratto di rete agricolo ex articolo 3, comma 4-ter, del Dl 5/2009 o ex articolo 1-bis, comma 3, del Dl 91/2014. In passato alcuni comuni, al fine di riconoscere il diritto all’esenzione, hanno confuso l’obbligo dell’iscrizione previdenziale con l’obbligo della regolarità contributiva. Al riguardo, il Dipartimento delle finanze, in due note non pubbliche dell’ottobre 2022 indirizzate ad un cittadino, ha chiarito che «nulla, invece, prescrive la norma in parola in merito alla regolarità contributiva derivante dalla suddetta iscrizione nella previdenza agricola, requisito quest’ultimo che, quindi, non può essere imposto autonomamente e direttamente dal comune». Sulla stessa lunghezza d’onda la sentenza 1096/2023 della Cgt di I grado di Taranto secondo cui, qualora il soggetto passivo d’imposta non adempia regolarmente all’obbligazione contributiva, «sarà l’Inps a provvedere all’incasso degli stessi, con i consueti strumenti di riscossione», ma senza che ciò possa influire sul godimento dell’esenzione fiscale.
D’altra parte, si deve tener presente che il legislatore quando ha inteso subordinare un beneficio fiscale alla regolarità contributiva, lo ha fatto espressamente: si pensi ai crediti d’imposta per la transizione 4.0 (articolo 1, comma 1052, legge 178/2020). Una volta accertata l’iscrizione nella gestione Inps, al comune sono preclusi altri accertamenti sottesi al rispetto dei requisiti imposti dalle norme previdenziali. La Suprema Corte, infatti, con l’ordinanza 18083 del 23 giugno 2023 riguardante una controversia relativa al disconoscimento dell’agevolazione poiché il contribuente possedeva altri redditi oltre a quelli derivanti dall’esercizio dell’attività agricola, ha chiarito che l’iscrizione previdenziale già presuppone, sia pure con presunzione iuris tantum (come tale suscettibile di prova contraria), il rispetto di tutti i requisiti richiesti per l’assoggettamento alla contribuzione previdenziale agricola.
Neanche l’omissione della dichiarazione compromette l’esenzione. Come sancito dalla Cgt di I grado di Taranto con sentenza 451/2024, infatti, si verte «in tema non di agevolazione, ma di esenzione, per difetto del presupposto di fatto impositivo, ragion per cui il diritto, in assenza di decadenza legale espressa, può essere fatto valere anche in giudizio, pendente il rapporto tributario».
Francesco Giuseppe Carucci
(Estratto da “Norme e tributi Plus Fisco”, Il Sole 24 Ore, 1° dicembre 2025, in collaborazione con L’Unione Sarda)
