«Non spettava al Collegio regionale di garanzia elettorale di imporre la decadenza della presidente della Regione, sulla base di fattispecie non riconducibili a quelle indicate dall’art. 15, commi 8 e 9, della legge n. 515 del 1993, come tali non idonee neppure a legittimare la comunicazione del provvedimento al presidente del Consiglio regionale».

La Corte costituzionale ha deciso: Alessandra Todde resta presidente della Regione. L’ordinanza di decadenza non poteva essere emessa «per avere l’atto esorbitato dai poteri rimessi all’organo statale di controllo e cagionato una menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione autonoma della Sardegna».

Resta impregiudicata, prosegue la sentenza depositata oggi,  «la questione relativa alla possibilità di riqualificazione dei fatti, che è rimessa al giudice civile, competente per il giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione». Resta invece valida la sanzione pecuniaria inflitta alla governatrice. 

La Consulta, si legge nel verdetto sul ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri, ha stabilito che «non spettava allo Stato e, per esso, al Collegio regionale di garanzia elettorale istituito presso la Corte d’appello di Cagliari, di affermare, nella motivazione della ordinanza-ingiunzione del 20 dicembre 2024, che “si impone la decadenza dalla carica del candidato eletto” e, per l’effetto, di disporre “la trasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al presidente del Consiglio Regionale per quanto di Sua competenza in ordine all’adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla carica di presidente della Regione”».

Era andata così: rilevando irregolarità nella rendicontazione delle spese della campagna elettorale della presidente, il Collegio regionale di garanzia istituito presso la Corte d’Appello del Tribunale di Cagliari a dicembre dell’anno scorso  aveva emesso un’ordinanza  che ingiungeva al Consiglio regionale (quindi alla Giunta per le elezioni, organo interno dell’assemblea) di emettere un provvedimento di decadenza della presidente. Con lei sarebbe caduto tutto il Consiglio regionale. E per questo era stato presentato il ricorso alla Corte costituzionale: un potere dello Stato, era la tesi della Regione, avrebbe colpito un’assemblea legislativa tutelata dallo Statuto. 

Paradossalmente, il verdetto rigetta questa ricostruzione – e dichiara inammissibile il ricorso –  ma salva la presidente della Regione. Tradotto: il Collegio di garanzia poteva esprimersi ma ha sbagliato.  

La Corte costituzionale scrive che «l’ordinanza-ingiunzione ha ritenuto di rinvenire un’ipotesi decadenziale, imponendola come vincolo per il Consiglio regionale, nelle seguenti fattispecie – contestate alla presidente eletta – di violazione delle norme della legge n. 515 del 1993 (la legge nazionale a cui rimanda quella regionale): mancata nomina di un «mandatario elettorale» avente il compito di raccogliere i fondi della campagna elettorale (art. 7, comma 3, della legge n. 515 del 1993); mancata accensione di un conto corrente unico, dedicato a tutte le operazioni patrimoniali concernenti la campagna elettorale (art. 7, comma 4, della legge n. 515 del 1993); avvenuta produzione di una dichiarazione sulle spese sostenute, con relativo rendiconto, caratterizzata da diverse non conformità». 

Tuttavia, prosegue la sentenza, «nessuna delle pur gravi riscontrate violazioni è specificamente individuata (...) come ipotesi di decadenza. Le fattispecie esplicite di decadenza sono altre e si rinvengono nei commi 8 e 9 del menzionato art. 15, che le riferiscono al mancato deposito nel termine previsto della dichiarazione sulle spese «nonostante la diffida ad adempiere» (comma 8) e al «superamento dei limiti massimi di spesa consentiti […] per un ammontare pari o superiore al doppio» (comma 9)». E «l’ineleggibilità e il conseguente effetto decadenziale sono limitati ai «casi espressamente previsti nel presente articolo». E da queste fattispecie non si esce. 

E poco vale, secondo la Corte, la tesi secondo la quale il Collegio di garanzia «avrebbe in realtà inteso contestare la fattispecie più grave consistente nel “mancato deposito nel termine previsto della dichiarazione”, che il comma 8 fa assurgere, come visto, ad esplicita ipotesi di decadenza. Osta a tale ipotesi ricostruttiva», e qui sta il cuore, « il tenore inequivoco della motivazione dell’atto, nella quale l’organo di controllo ha chiarito (pagina 5 dell’ordinanza) «che non è stato affatto contestato […] il mancato deposito della dichiarazione di spesa e rendiconto” quanto piuttosto di aver contestato “l’anomalia derivante dalla non conformità della dichiarazione di spesa e rendiconto da lei stessa presentata”, avendo il Collegio avuto la possibilità di sottoporre ad esame «la dichiarazione di spesa e rendiconto depositate con la relativa documentazione». 

In tarda mattinata è arrivato il commento della diretta interessata: «Hanno provato a delegittimarci», ha scritto, «ora avanti a testa alta per la Sardegna».

Enrico Fresu 

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