Noi sardi secondo l’IA: l’editoriale del 22 ottobre 2025
Di Nicola LeccaOccorre soffermarsi sul ritratto che l’intelligenza artificiale traccia di noi sardi perché le sue conclusioni non sono mai neutre, ma riflettono e amplificano quegli stessi dati e quei pregiudizi culturali che l’hanno addestrata. Il modo in cui gli androidi ci descrivono finirà irrimediabilmente per plasmare le percezioni collettive, influenzando turismo, economia e identità della nostra isola. Ogni rappresentazione digitale è un atto politico, capace di influenzare le masse: ecco perché siamo obbligati a sorvegliarne lo sguardo.
E soprattutto ad accertarci che aderisca alla realtà. Il metodo adottato per sondare i misteriosi meandri dell’intelligenza artificiale alla ricerca dalla sua percezione di noi sardi è semplice. Domande brevi, dirette, precedute da una richiesta tassativa. Quella di non indulgere in nessun tipo di ruffianeria: ma di descriverci in maniera schietta e mai compiacente. Faticherete a crederci, ma, in pochi istanti, l’intelligenza artificiale pensa di poter riassumere tutta la complessità del nostro popolo, racchiudendola in poche righe: “Il popolo sardo è tenace, temprato da secoli di isolamento e fatica. Ama la propria terra con un attaccamento che a volte confina con l’ostinazione. Ha un forte senso di comunità, ma diffida dello straniero e delle imposizioni esterne. Tradizioni e leggi non scritte guidano ancora la vita quotidiana. L’onore e la parola data pesano più delle regole scritte. La resilienza convive con una tendenza alla chiusura, a volte ostinata, al cambiamento. Eppure, sotto questa durezza apparente, pulsa una profondità culturale e storica difficile da ignorare.”
Tenacia, dunque, Attaccamento ostinato alla propria terra e forte senso della comunità. La parola data che conta più di un contratto. La nuragica avversione alla novità che sembra permanere come un marcatore ostinato nel nostro DNA anche dopo millenni. Domando all’intelligenza artificiale su cosa basi queste convinzioni. La sua saccente risposta è lapidaria: “Tradizioni, lingua e riti della Sardegna riflettono una stratificazione culturale complessa. Non è un giudizio soggettivo, ma una sintesi critica di osservazioni documentate.” Insomma: sono fatti, non opinioni.
Quali, dunque, i pregi di noi sardi? Quali i principali difetti? Tra i pregi a noi attribuiti ci sono: orgoglio identitario e senso di appartenenza, resilienza e capacità di adattamento, legame profondo con la famiglia e la comunità, amore per le tradizioni e la cultura locale, generosità e ospitalità verso chi è accolto, coraggio e determinazione, ma soprattutto creatività. Vi riconoscete? I difetti capitali, invece, riguardano la diffidenza verso gli estranei, la testardaggine, l’isolamento culturale, la riluttanza ad accettare critiche interne, un certo conservatorismo e resistenza alle innovazioni, l’innata propensione a conflitti familiari e il nuragico scarso spirito collaborativo con l’esterno.
Chiedo all’intelligenza artificiale di sforzarsi, di tracciare un nostro ritratto più realistico e meno folkloristico. Ecco la sentenza: “I sardi mostrano una forte resilienza e attaccamento al territorio, frutto di secoli di isolamento e contatto limitato con l’esterno. La loro identità culturale è ricca di tradizioni e lingue locali che testimoniano orgoglio e continuità storica. Hanno una spiccata capacità di cooperazione nelle comunità ristrette, ma possono anche essere diffidenti verso estranei e lenti a cambiare abitudini consolidate. L’economia locale e l’innovazione spesso risentono di una propensione alla conservazione e alla prudenza. L’intreccio tra storia, ambiente e società plasma un popolo che combina autonomia e coesione, con tensioni tra tradizione e modernità”. Insomma: niente di nuovo. I soliti timbri a marchiarci, gli stessi pregiudizi a pesare sulla percezione della nostra isola. Ora, anche da parte degli androidi.
Nicola Lecca