Il governo israeliano ha approvato il piano per il rilascio di tutti gli ostaggi, vivi e morti. Si tratta del primo concreto passo in avanti nel piano di pace di Trump per Gaza. Con la ratifica nella notte dell'accordo da parte del governo israeliano (a maggioranza, con cinque ministri contrari dei partiti di destra di Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich) è entrato subito in vigore il cessate il fuoco nella Striscia, così come prevede il documento siglato in Egitto giovedì mattina. La tregua sarà monitorata da una task force congiunta con 200 soldati Usa e militari da Egitto, Qatar, Turchia e forse Emirati. Inoltre lo Us central command stabilirà un "centro di coordinamento civile-militare" in Israele che aiuterà a facilitare il flusso di aiuti umanitari, nonché di assistenza logistica e sicurezza a Gaza.

L'Idf si ritirerà fino alla Linea Gialla indicata nelle mappe dell'accordo entro le prossime 24 ore, al termine delle quali Hamas dovrà rilasciare tutti gli ostaggi vivi entro 72 ore. Quindi «lunedì o martedì», come ha annunciato un raggiante Donald Trump aprendo la riunione di governo alla Casa Bianca, dopo aver portato a casa mercoledì notte l'accordo tra Israele e Hamas sulla prima fase del piano per la pace a Gaza. «Gli ostaggi dovrebbero essere rilasciati lunedì o martedì», ha detto ai suoi nel giorno della storica firma, mentre prepara la valigie per volare in Medio Oriente. In Israele e in Egitto, è l'ipotesi, dove rivendicherà il suo traguardo nella cerimonia ufficiale sull'intesa. Un traguardo che è stato proprio lui ad annunciare al mondo, con un post su Truth, preparato in anticipo per essere il primo a renderlo noto.

Con la complicità del suo ministro degli Esteri, Marco Rubio, che poco prima gli aveva passato un «pizzino» annunciandogli come l'accordo fosse ormai «vicinissimo». L'intesa, firmata venerdì a Sharm el Sheik dopo vari giorni di negoziati indiretti, mediati da Egitto, Qatar e Turchia con la supervisione Usa, è il colpo diplomatico più importante di The Donald, più forse degli accordi di Abramo del primo mandato che ora spera di allargare, presentandosi al mondo come peacemaker col sogno di vincere il Nobel e passare alla storia. «Abbiamo messo fine alla guerra, penso che porterà a una pace durevole», ha spiegato il tycoon ai suoi ministri, aggiungendo che proverà ad andare in Egitto per la cerimonia della firma ufficiale. Un viaggio atteso per domenica e che dovrebbe includere anche Israele, dove potrebbe essere il primo presidente americano a parlare alla Knesset. L'invito è arrivato da Benjamin Netanyahu nella loro telefonata dopo la svolta diplomatica. Una conversazione "molto emozionante e calorosa", ha riferito il premier, aggiungendosi nuovamente poi al crescente coro di voci (Nyt compreso) per assegnare a Trump il tanto agognato Nobel per la pace.

Forse sarà solo per il prossimo anno, se l'accordo tiene e verrà implementato nella seconda e più difficile fase in tutti i suoi 20 punti: dal disarmo di Hamas alla ricostruzione e alla governance di Gaza, dal ritiro completo dell'Idf dalla Striscia all'insediamento di una forza di pace internazionale (probabilmente sotto egida Onu)

(Unioneonline)

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