Yulia Navalnaya attacca Vladimir Putin. La vedova del rivale numero uno del Cremlino sostiene che due laboratori «in due Paesi diversi» siano giunti «alla stessa conclusione», e cioè che Alexey Navalny «è stato avvelenato» con un «materiale biologico» che lei dice essere stato «portato al sicuro all'estero» dopo la morte in carcere del marito.

Navalnaya ha esortato a pubblicare i risultati delle analisi fatte subito dopo il decesso di Navalny: «Sono di importanza pubblica e devono essere resi noti, noi tutti meritiamo di sapere la verità», ha dichiarato. Alexey Navalny morì nel febbraio del 2024, in circostanze ancora poco chiare, mentre era ingiustamente rinchiuso in un carcere nell'Artico russo. E i suoi alleati accusano direttamente il Cremlino per la sua morte.

«Putin è responsabile della morte di mia marito», è il j'accuse di Navalnaya, che ha pure pubblicato quelle che dice essere foto della cella del dissidente subito dopo il decesso - vi si vede una pozza di vomito sul pavimento - e dice che, secondo cinque dipendenti della colonia penale "Lupo Polare", l'oppositore avrebbe avuto forti convulsioni prima di morire. Non solo. La vedova, ora anche lei punto di riferimento dell'opposizione russa, sostiene che non vi sia più traccia dei video girati dalle telecamere di sorveglianza del carcere nel giorno della morte di Navalny.

Il Cremlino non commenta. «Non so nulla di queste dichiarazioni. Non posso dire nulla al riguardo», si limita a dire il portavoce di Putin, Dmitry Peskov. Navalnaya sostiene che il marito non sia stato curato adeguatamente. «Non è stato nemmeno portato in infermeria. Lo hanno semplicemente riportato nella sua cella numero 16», ha detto in un video online citando quelle che dice essere le testimonianze delle guardie carcerarie ai loro superiori.

«Alexey si è accasciato sul pavimento, ha portato le gambe verso lo stomaco e ha iniziato a gemere per il dolore», afferma. «Ha detto che gli bruciavano il petto e lo stomaco», aggiunge. «Poi ha iniziato a vomitare».

Alexey Navalny era il trascinatore delle proteste contro la deriva autoritaria impressa alla Russia da Putin, e le inchieste della sua Fondazione Anticorruzione hanno dato più di un grattacapo ai fedelissimi del presidente. Nel 2020 fu curato in Germania per quello che gli esperti occidentali indicano come un avvelenamento subito in Siberia con un micidiale agente nervino militare - il Novichok - e per il quale sospettano i servizi segreti del Cremlino. Il regime di Putin nel frattempo aveva iniziato a sfornare accuse contro di lui, ma Navalny tornò lo stesso in Russia nel gennaio del 2021, pur consapevole che sarebbe finito in carcere.

Fu arrestato non appena messo piede all'aeroporto Sheremetyevo di Mosca e poi condannato a 19 anni di reclusione con accuse di «estremismo» di palese matrice politica. Ma anche da dietro le sbarre continuò a criticare Putin e l'aggressione militare contro l'Ucraina ordinata dal Cremlino. Un anno fa la testata The Insider disse di aver analizzato «centinaia di documenti legati alla morte» di Navalny sostenendo che «il contenuto» di tali documenti dimostrerebbe che «le autorità russe hanno rimosso in maniera consistente i riferimenti ai sintomi di cui i medici della prigione avevano notato soffriva Navalny» e che, secondo il giornale, indicherebbero «chiaramente che Navalny è stato avvelenato».

Secondo The Insider, in una prima versione gli investigatori avrebbero riferito che il dissidente aveva avuto dolori di stomaco, vomito e convulsioni e aveva poi perduto conoscenza. Ma nell'ultima versione questi sintomi sarebbero stati rimossi.

(Unioneonline)

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