Crisi in Francia, Macron nomina premier il fedelissimo Sebastien Lecornu. Mélenchon: «Triste commedia»
Dura anche Le Pen: «Il presidente gioca l'ultima carta del macronismo, trincerato con la sua piccola cerchia di fedeli»(Ansa)
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Dopo la sfiducia a François Bayrou, Emmanuel Macron nomina Sebastien Lecornu – suo uomo di fiducia proveniente dalla destra – nuovo primo ministro francese. È quanto si legge in una nota ufficiale dell'Eliseo.
Il presidente della Repubblica «gli ha affidato il compito di consultare le forze politiche rappresentate in Parlamento al fine di adottare un bilancio per la Nazione e costruire gli accordi indispensabili alle decisioni dei prossimi mesi». A seguito di tali discussioni, «spetterà al nuovo Primo Ministro proporre un Governo al Presidente della Repubblica. L'azione del Primo Ministro sarà guidata dalla difesa della nostra indipendenza e della nostra potenza, dal servizio ai francesi e dalla stabilità politica e istituzionale per l'unità del Paese. Il Presidente della Repubblica è convinto che su queste basi sia possibile un accordo tra le forze politiche nel rispetto delle convinzioni di ciascuno».
Lecornu diventa il settimo primo ministro di Emmanuel Macron e il quinto dall'inizio del suo secondo mandato quinquennale nel 2022. Una situazione senza precedenti nella Quinta Repubblica, a lungo nota per la sua stabilità, ma entrata in crisi dallo scioglimento dell'Assemblea nazionale nel giugno 2024. A 39 anni, l'ex senatore normanno, inamovibile dal governo dal 2017, ha scalato i gradini fino a diventare ministro delle Forze armate, un incarico estremamente delicato in tempo di guerra in Ucraina, e si è affermato come fedele e intimo collaboratore del capo dello Stato. Già lo scorso dicembre Macron avrebbe voluto nominarlo a Matignon, ma il suo storico alleato Bayrou aveva finito per imporsi su di lui. Questa volta, il presidente non ha esitato e questa nomina espressa, in contrasto con la sua naturale tendenza alla procrastinazione, sembra indicare che fosse stata accuratamente preparata in anticipo.
Dopo aver riconosciuto la sconfitta del suo schieramento alle elezioni legislative anticipate post-scioglimento, aver tentato una semi-coabitazione con l'oppositore dei Repubblicani Michel Barnier e poi con il centrista Bayrou, si affida quindi a un macronista puro e duro. «Il presidente gioca l'ultima carta del macronismo, trincerato con la sua piccola cerchia di fedeli», ha subito ironizzato Marine Le Pen su X. Duro anche Jean-Luc Mélenchon che oggi parla di una «triste commedia», e ancora: «Macron si dimetta». «Solo le dimissioni di Macron stesso possono porre fine a questa triste commedia di disprezzo del Parlamento, degli elettori e della decenza politica», ha scritto il leader della sinistra.
Il rompicapo che il presidente deve affrontare è però lo stesso che non è riuscito a risolvere da più di un anno: trovare un profilo in grado di sopravvivere di fronte a un'Assemblea più frammentata che mai. All'Eliseo si ritiene che la fragile coalizione costruita un anno fa tra la macronia e la destra sia un dato acquisito. Il presidente ha esortato i suoi capi a «lavorare con i socialisti» per «ampliare» la sua base. Ma ha rifiutato di nominare Olivier Faure primo ministro, nonostante le sue offerte di servizi per la formazione di un «governo di sinistra» che avrebbe cercato dei «compromessi».
Per reggere, il futuro governo dovrà comunque ottenere, come minimo, una non censura da parte del PS, indispensabile per dotare la Francia di un bilancio per il 2026, la cui preparazione ha appena fatto cadere il governo uscente che aveva presentato uno sforzo di 44 miliardi di euro. Il calendario di bilancio rischia già di deragliare a causa di questo ennesimo sussulto della crisi politica, dopo l'inedito ritardo dello scorso anno. E l'impasse politica rischia di agitare i mercati finanziari, in attesa della decisione dell'agenzia Fitch che venerdì potrebbe abbassare il rating del debito francese. Oggi, la Francia ha contratto un prestito a dieci anni a un costo pari a quello dell'Italia, da tempo considerata tra i paesi meno virtuosi d'Europa.
Oltre alle avance di Olivier Faure, il capo dello Stato ha comunque respinto gli appelli di coloro che gli chiedevano di ricevere i leader dei partiti di sinistra «prima della decisione», come la leader degli Ecologisti Marine Tondelier, o di nominare prima un «negoziatore» in grado di verificare le possibili coalizioni. Al di là del bilancio, c'era «urgenza di nominare un primo ministro» perché non deve «esserci un vuoto di potere» alla vigilia del movimento “Bloquons tout” (Blocchiamo tutto), previsto per mercoledì, e prima della mobilitazione sindacale del 18 settembre, aveva martellato in mattinata il ministro dell'Interno uscente Bruno Retailleau, leader di LR, evocando un mese «propizio a tutti gli eccessi». Emmanuel Macron lo sa: se ha solo carte imperfette in mano, la carta vincente che giocherà rischia di essere l'ultima prima di dover, in caso di nuovo fallimento, sciogliere nuovamente l'Assemblea, come invita a fare il Rassemblement national. In caso di stallo prolungato, aumenterebbe la pressione per le sue dimissioni.
(Unioneonline/D)