Omicidio Vannini, lo sfogo della fidanzata di Ciontoli: "Accanimento mediatico"
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Affida il suo sfogo a una lettera Viola Giorgini, la fidanzata di Federico Ciontoli, condannato, insieme alla famiglia, per omicidio colposo per la morte di Marco Vannini, ucciso il 17 maggio del 2015 a Ladispoli mentre si trovava a casa della fidanzata.
"Il primo grado di questo processo mi vede assolta ma chi chiede giustizia dice che sono colpevole e che merito un trattamento crudele - scrive la giovane - . Quello che è successo ha cambiato profondamente la mia vita lasciando un segno che porterò per sempre e con questa consapevolezza affronto il giudizio in tribunale".
Il 21enne venne raggiunto, mentre si trovava nella vasca da bagno, da un colpo di pistola sparato dal padre della fidanzata: un unico colpo, ma che risultò fatale visto il ritardo con cui vennero chiamati i soccorsi che avrebbero permesso di salvargli la vita.
I giudici della I Corte d'Assise di Roma hanno assolto Viola Giorgini.
La giovane si rivolge ai media: "Fin dall'inizio di questa storia si è svolto un processo mediatico parallelo al processo giudiziario, che vede coinvolti diversi programmi televisivi, i quali con toni molto accesi, sono arrivati dritti al cuore degli spettatori. Purtroppo mi sono sempre trovata a dover scappare dalle telecamere - sottolinea -, senza altra ragione se non quella di fuggire da un meccanismo del quale non voglio far parte. Questo non perché io non creda nel diritto di cronaca ma perché mi è sempre sembrato inumano il modo violento con cui i giornalisti hanno cercato di estorcere false confessioni o atteggiamenti facilmente giudicabili, con l'intento di costruire castelli di bugie".
"Finora il processo mediatico - scrive ancora la ragazza - non è sembrato volgere alla veridicità dei fatti, ha inventato e distorto con fantasiose ricostruzioni la realtà, anche avendo a disposizione documenti che le smentivano, con conseguenze forse insanabili. E credo che questo sia stato fatto perché nutrirsi delle sofferenze per scopi televisivi è più semplice e più di impatto emotivo. I programmi televisivi sono responsabili non solo di quello che dicono, ma anche di quello che suscitano, e le loro parole hanno generato un forte sentimento di rabbia, di sfiducia nella legalità e di vendetta".
L'accanimento e la denigrazione sono "il frutto di influenze e convinzioni che mi vedono descritta come il mostro che in realtà non sono. Solo che non ho mai potuto dimostrare il contrario perché la battaglia mediatica è una battaglia persa in partenza... Con questa lettera spero che possiate spiegarmi se essere giornalista significhi essere come ho sopra descritto o come credo che qualcuno di voi sia: rispettoso dell'uomo, dei suoi diritti e sincero con il pubblico al quale si rivolge", conclude la ragazza.
(Unioneonline/s.a.)
LA CONDANNA: