Aveva paura di lui e temeva per la sua vita. Chamila Wijesuriya, la barista dell'hotel Berna di Milano uccisa a coltellate il 9 maggio scorso da Emanuele De Maria, il detenuto per femminicidio ammesso al lavoro esterno nell'albergo, aveva capito che qualcosa nel rapporto con il collega non andava. Tanto da parlarne con i colleghi ed esternare le sue preoccupazioni.

I timori della 50enne, da quanto è trapelato dalle testimonianze dei colleghi di lavoro, andavano avanti da tempo e lei ne aveva parlato con qualcuno: tutti tasselli raccolti dagli inquirenti nell'inchiesta della Procura che sta scavando su eventuali sottovalutazioni e mancate segnalazioni nel percorso del 35enne. Da quanto risulta, dalle audizioni dei testimoni di questi giorni, in particolare di colleghi dell'albergo, è emerso dunque che la donna si era già detta spaventata dai comportamenti di De Maria e temeva già per la sua vita, tanto che voleva che lui si allontanasse da lei.

Le indagini, aperte con un nuovo fascicolo dal pm Francesco De Tommasi, puntano ora ad accertare anche se qualcuno, come il datore di lavoro, che aveva l'obbligo di segnalare al carcere, non l'abbia fatto, tanto che, poi, nelle relazioni della casa di reclusione di Bollate il 35enne veniva descritto, in pratica, come un detenuto modello: una persona totalmente equilibrata, senza scompensi psichici, e che in ambito lavorativo si era costruito anche delle relazioni affettive.

Da giorni gli inquirenti hanno avviato una serie di verifiche - oltre all'inchiesta per omicidio e tentato omicidio premeditati, condotta da Carabinieri e Polizia, e che sarà archiviata per morte del reo - effettuate nell'ambito di un fascicolo autonomo. Indagine da cui sarebbero venute a galla anche alcune "manifestazioni", come litigi pregressi e scatti d'ira, che hanno fatto cambiare il quadro del detenuto modello. Intanto, anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha avviato attività ispettive e ha chiesto al Tribunale di Sorveglianza di Milano una relazione urgente sul caso e tutti gli atti, tra cui le due relazioni dell'equipe di psicologi ed educatori del carcere del 2023 e del 2024 e il provvedimento con cui la giudice Giulia Turri ha approvato la proposta di lavoro esterno.

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