Covid in Italia: al 91,6% è da variante inglese
Indagine lampo dell’Iss mette in evidenza le mutazioni e i rischi della trasmissibilità, richiamando alla necessità di misure di mitigazione
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Il ceppo dominante di coronavirus in Italia è riferibile alla cosiddetta variante inglese, quella con maggiore trasmissibilità. Lo conferma l’ultima indagine rapida dell’Istituto superiore di sanità secondo la quale la mutazione è pari al 91,6% dei casi sul campione nazionale esaminato in un singolo giorno, lo scorso 15 aprile.
Nello stesso report viene evidenziato un solo caso collegato alla variante indiana, che sta dilagando nel Paese asiatico. La variante GB è quindi in crescita rispetto alla prevalenza dell'86,7% della precedente indagine relativa al 18 marzo, con valori oscillanti tra le singole regioni tra il 77,8% e il 100%.
Per la variante brasiliana, invece, la prevalenza emersa con l'ultima indagine è pari al 4,5% (0%-18,3%, mentre era il 4,0% nella scorsa survey del 18 marzo).
Alla data del 15 aprile scorso, le altre varianti monitorate in Italia sono risultate sotto lo 0,5%, con il singolo caso della cosiddetta variante indiana rilevato in Veneto e 11 di quella nigeriana.
Nel nostro Paese, in cui la vaccinazione "sta procedendo ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti - si legge nell'indagine - la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguate". Inoltre, mentre la variante inglese è ormai "ampiamente predominante, particolare attenzione - si rileva - va riservata alla variante brasiliana, la cui prevalenza è rimasta pressoché invariata rispetto alle precedenti indagini".
(Unioneonline/s.s.)