Non si è limitata a denunciare attraverso i media la drammatica situazione della Rsa San Nicola di Sassari. Ora la donna, figlia di un'ospite della struttura, ha fatto ricorso anche all'autorità giudiziaria con un esposto in Procura.

Il suo intento era quello di sollecitare l'adozione di "necessarie misure di tutela degli operatori e dei pazienti, senza le quali questo virus diventerà presto sinonimo di sterminio", aveva scritto per dare voce agli anziani sardi ricoverati anche in una lettera inviata a UnioneSarda.it. Il suo appello era rivolto agli enti preposti e al Prefetto di Sassari affinché tutto il personale sanitario regionale fosse sottoposto all'obbligo del tampone, ma anche che i laboratori per le analisi venissero rafforzati e si dotasse il personale dei dispositivi di protezione individuale necessari.

Eppure tutto questo non è servito a salvare sua madre.

Oggi la donna, assistita da Studio3A-Valore Spa, ha deciso di denunciare tutti i fatti alla stazione dei carabinieri di Sassari affinché si stabilisca se nelle strutture sia stato fatto tutto il possibile per tutelare pazienti e operatori sanitari.

La 68enne ricoverata alla San Nicola non era del tutto autosufficiente. Affetta da sclerosi multipla, al fine di assicurarle una miglior assistenza era ospite della Rsa da due anni. Tra fine febbraio e inizio marzo scorsi, quando la pandemia si stava manifestando, la struttura aveva chiuso le porte ai parenti degli ospiti, applicando il DPCM del 4 marzo. Da quella data i contatti con la figlia si erano ridotti a un'unica e breve telefonata quotidiana, con qualche videochiamata possibile solo con l'aiuto del personale. Proprio durante una di queste, la figlia ha notato come l'operatore sanitario presente in quel momento fosse del tutto sprovvisto di ogni DPI, a partire dalla mascherina.

Il 19 marzo viene informata che nella struttura sono stati effettuati 4 tamponi, tre dei quali sono risultati positivi. Si trattava di degenti che, non potendo essere trasferiti, sarebbero rimasti in isolamento presso la stessa San Nicola.

Sono arrivate poi giornate drammatiche in cui si sono registrati fino a 5 morti in sole 24 ore.

E sono nati da lì gli appelli della figlia della degente, anche quest'ultima risultata positiva. Il 29 marzo le sue condizioni peggiorano, viene portata d'urgenza al pronto soccorso dell'ospedale Santissima Annunziata e poi trasferita nella sezione Covid-19 del reparto Pneumologia delle Cliniche San Pietro.

Si stabilizza e si decide quindi di portarla al Policlinico. Ma lì c'è un ulteriore peggioramento, che la condurrà alla morte il 19 aprile.

"A fronte delle responsabilità di natura contrattuale delle strutture per la terza età, che dovrebbero assicurare tutela e protezione ai pazienti che vengono loro affidati, ed essendosi profilate nello specifico varie lacune da parte della RSA, sia nella fase di prevenzione dell'emergenza sanitaria sia nella fase di gestione dell'epidemia - spiega Studio3A - la figlia chiede dunque di chiarire le dinamiche della triste vicenda, fino in fondo".

(Unioneonline/s.s.)
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