Pronto soccorso, medici e infermieri contro il direttore
La prima linea della sanità sassarese sotto l'attacco del Covid-19Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Al Pronto soccorso di Sassari c'è aria di rivolta. Ventitré medici su ventisette, e venticinque infermieri, praticamente la totalità, hanno firmato un attestato di stima verso Paolo Pinna Parpaglia, direttore facente funzioni del reparto sino a sabato scorso, incarico che ha dovuto lasciare dopo il ritorno del titolare, Mario Oppes, nei confronti del quale i firmatari della lettera, inviata alla direzione dell'Azienda tutela salute (Ats), al commissario della Azienda ospedaliero-universitaria (Aou), e agli stessi Pinna Parpaglia e Oppes, usano parole severe, perché responsabile di «un contesto di assoluta mancanza di riferimenti e coordinazione». Un terremoto in quella che è la prima linea della sanità sassarese sotto l'attacco del Covid-19.
Le tappe
Andiamo a ritroso. Agli inizi di marzo scatta l'emergenza e il Pronto soccorso si trova subito sotto assedio. Non sono stati creati percorsi alternativi. La proposta di diversi medici di mettere in piedi un ospedale da campo dove ospitare i pazienti sospetti Covid viene respinta dalla Regione «per non creare allarme nella popolazione». Successivamente, la stessa Regione propone l'invio di ambulatori mobili da collocare nel piazzale del Santissima Annunziata per evitare contatti tra presunti positivi e altre persone. Neanche questa misura viene adottata.
Strategia sbagliata
Sono errori fatali (oggetto dell'inchiesta coordinata dal procuratore Gianni Caria e condotta dal pm Paolo Piras) che determinano l'ingresso del virus in ospedale. Una circostanza che si doveva evitare a ogni costo. L'indicazione (non rispettata) era di dirottare lo "sporco", cioè i sospetti casi di coronavirus, al reparto di Malattie infettive delle Cliniche universitarie, tenendo "Covid Free" il Santissima Annunziata, dove sarebbero dovuti rimanere in piena efficienza i reparti "tempodipendenti", dove si interviene per ictus, infarti e la chirurgia d'urgenza. Insomma, quelli dove il fattore tempo è decisivo.
Una strana malattia
Torniamo al Pronto soccorso. Allo scoppio dell'epidemia è il caos e il direttore Oppes, accusando un attacco di emicrania, prende quattro giorni di malattia. Al suo ritorno, il 18 marzo, la direzione dell'Aou lo "invita" a proseguire la malattia sino al 4 aprile e lo sostituisce con Paolo Pinna Parpaglia, come direttore facente funzioni. Concluso il periodo di malattia, Oppes si riprende il posto. E scatta la protesta. Ecco cosa scrivono i 48 firmatari della lettera: «Ringraziamo il dottor Paolo Pinna Parpaglia, incaricato del ruolo di f.f. Responsabile dell'Unità operativa nel periodo della drammatica emergenza per il Covid-19, per la presenza, l'impegno, lo spirito di gruppo e la capacità con cui ha saputo assolvere al compito assegnatogli dalla direzione. In brevissimi tempi, e partendo da un contesto di assoluta mancanza di riferimenti e coordinazione, è riuscito a portare avanti un progetto, un'organizzazione chiara ed efficiente. Ciò ha consentito di ritrovare maggiori garanzie nella gestione dei pazienti, assicurando al contempo la tutela degli operatori coinvolti, sia di questa Unità operativa, che dell'intero Presidio ospedaliero, di cui rappresentiamo la "porta d'accesso". Il caos e la paura sono stati sostituiti da spirito di collaborazione, entusiasmo e fiducia in ciò che si stava facendo. Per tali motivi ci auguriamo che tale proficua collaborazione possa proseguire ora e nel prossimo futuro». Extra lettera, il giudizio è ancor più severo: «Siamo ripiombati nel caos».
Il curriculum
Oppes, 64 anni, è medico di lungo corso. Dal 2002 ricopre incarichi dirigenziali, dal 2009 è direttore dell'Unità operativa complessa di Pronto soccorso e Medicina d'urgenza. Legato agli ambienti ecclesiastici, è docente di "Morale bioetica" nel corso di laurea magistrale in Scienze religiose all'Istituto superiore Scienze religiose della Pontificia Facoltà teologica della Sardegna. Le sue vacanze? In ritiro spirituale. In Vaticano, ça va sans dire .
Ivan Paone