«Prendo atto, perché l’ufficio me lo comunica che quella sera, verosimilmente, il Volpe 132 si sia abbassato presso la stazione meteo dell’Aeronautica militare di Capo Carbonara, in modo tale da toccare quasi il suolo». «Mi viene chiesto se ciò sia una manovra usuale e consentita. Rispondo che se ciò è effettivamente accaduto la ritengo una manovra anomala che in quelle determinate condizioni di volo non deve essere eseguita a meno che non vi sia una piazzola di atterraggio adeguatamente illuminata per poter effettuare un atterraggio notturno». E ancora: «Non saprei dare una spiegazione del perché sia stata fatta una manovra simile».

Sono le dichiarazioni dell’allora pilota della Guardia di finanza Alessandro Comitini, messe a verbale il 20 febbraio 1998, nell’ambito dell’inchiesta su uno dei misteri italiani mai risolti: il caso del Volpe 132, l’elicottero delle Fiamme Gialle che il 2 marzo del 1994 si è inabissato nelle acque davanti alla costa sud orientale della Sardegna. Da allora quasi nessuna traccia del velivolo. Né dei due militari a bordo: Fabrizio Sedda e Gianfranco Deriu, che erano impegnati in un volo di ricognizione. Solo qualche frammento e il casco di uno dei due. 

La testimonianza inedita è stata scovata dal giornalista di Avvenire Marco Birolini, tra le carte desecretate dell’indagine che finora non ha portato a niente. L’ultima traccia radar del Volpe era stata registrata a Capo Carbonara, i frammenti erano stati trovati più a nord, a poca distanza dal Poligono di Quirra. 

C’è una perizia, del professor Donato Firrao: analizzando i reperti era arrivato alla conclusione che l’elicottero fosse stato colpito da un missile. C’entra qualcosa il mercantile Lucina che era stato avvistato nei giorni precedenti in quello specchio di mare, a Feraxi? Lo stesso il cui equipaggio, poco tempo dopo, a luglio, è stato sterminato nel porto algerino di Djendjen: sette marittimi italiani, tutti sgozzati, e il loro carico –ufficialmente semola di grano – sparito. Scamparono alla strage, perché si erano fermati a Cagliari, solo due membri. Uno era Gaetano Giacomina, appartenente alla struttura coperta di Gladio. Poi morto in circostanze misteriose a Capo Verde. Misteri su misteri, che si accavallano e non hanno mai trovato risposta. 

Ora si aggiunge un altro piccolo tassello, con la testimonianza di Comitini, compagno dei militari dispersi. Il Volpe si sarebbe impegnato nella strana manovra sopra la stazione meteo di Capo Carbonara, che fa capo all’Aeronautica militare. Una mossa che resterebbe senza spiegazioni. E non sarebbe l’unica: «Né quella sera né tantomeno l’indomani noi piloti della sezione aerea della Guardia di finanza di Elmas fummo impiegati a bordo dei nostri mezzi per le ricerche», viene aggiunto a verbale.  Anche se erano morti due colleghi. 

Enrico Fresu 

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