L’operazione “elettrochimica” è segreta. La regola è negare ogni informazione. Nessun progetto è disponibile. Le carte le nasconde, primo tra tutti, il Ministero della Transizione Ecologica, trasformato in una sorta di “loggia” misteriosa della pubblica amministrazione. L’obiettivo di chi presenta certi progetti è, infatti, consumare nel silenzio la clessidra dei tempi di pubblicazione. Del resto non devono sapere niente nemmeno quelle centinaia di proprietari terrieri che si vedranno espropriati di punto in bianco i propri terreni senza che nessuno li abbia mai avvertiti. Per adempiere alla pubblicazione del lunghissimo elenco dei mappali e delle particelle catastali i signori della “EnergyQ1Bess”, una sconosciuta società da diecimila euro di capitale, hanno scelto un quotidiano che a Quartucciu non legge nessuno. Più che la logica della maggior visibilità è stato scelto un puntuale occultamento. Giusto per far passare indisturbati i tempi di legge senza che nessuno frapponga ostacoli al progetto. Anzi pubblicano gli espropri delle aree a prescindere dalle sonore bocciature di Comune e Regione.

Garage & multinazionali

I misteri di quest’operazione sono racchiusi nelle carte finite nelle nostre mani, nei riscontri societari e persino negli incroci tra le multinazionali e questa società con la sede in una specie di garage di Olbia. Prima di tutto il progetto: costruzione di una centrale di «accumulo elettrochimico di energia» a ridosso dell’agro di Quartucciu e Quartu, attaccato al viale dell’Autonomia Regionale, attaccato ad un vero e proprio villaggio residenziale. Le dimensioni della “batteria elettrochimica” sono ciclopiche: 180 megawatt. Basti pensare che l’impianto più grande al mondo, realizzato a sud di San Francisco in California, ne ha 300.

Attaccati alla batteria

In pratica, visto che in Sardegna vogliono cancellare la produzione elettrica, quella continua e non da terzo mondo, nei palazzi di Roma si è deciso di far dipendere l’Isola da “sottospecie” di batterie elettrochimiche, negando di fatto la produzione elettrica alla pari di qualsiasi altra realtà italiana ed europea. Lo capisce chiunque: una cosa è produrre energia continua, altro è dipendere da batterie di accumulo, la cui energia si può esaurire in qualsiasi momento. Un’alimentazione a suon di batterie che nega qualsiasi sicurezza sul piano dell’efficienza e della potenza elettrica a disposizione della Sardegna, dei suoi consumi e del suo potenziale di sviluppo. Ad imporre questa strategia all’Isola è l’Enel, una «sottospecie» di ministero parallelo dell’energia e dell’ambiente. Decidono e impongono tutto, senza alcun tipo di confronto. Non è un caso che in uno degli ultimi “pontificanti” comunicati stampa l’Enel ha dichiarato di essersi aggiudicata all’ultima asta, quella degli incentivi, la bellezza di 500 megawatt di nuova capacità destinati alla Sardegna. Nel “proclama” energetico l’Enel ha ammesso che quei megawatt li «onorerà esclusivamente attraverso la realizzazione di sistemi di accumulo e senza dover investire in nuovi impianti a gas, compiendo così un passo concreto per la trasformazione della Sardegna in Isola Verde». Un comunicato stampa che di fatto confessa il vero retro-pensiero dell’Enel: «senza dover investire». L’obiettivo è, infatti, quello di una Sardegna a basso regime energetico, una Regione da tenere sottosviluppata, insomma, senza troppo bisogno di energia. Nell’ultimo bando degli incentivi, quello che attribuisce una mare di denaro a chi fa le “batterie”, l’Enel, attraverso la sua “Green Power”, ha fatto razzia. Nell’«Asta del Capacity market 2024», indetta da Terna, l’Enel si è aggiudicata 1.100 megawatt. Come se fosse un premio, Enel Green Power, per far contenti coloro che credono ancora al Babbo Natale dell’energia, ha annunciato che la metà della capacità verrà installata in Sardegna, «senza ricorrere a nuovi impianti a gas e compiendo così un passo concreto per la trasformazione della Sardegna in Isola verde». Niente gas, dunque. L’Enel, in terra sarda, sta pianificando una “calata” elettrochimica di litio, ferro, zinco, vanadio e quant’altro. In prima battuta si punterà sul litio, ma loro stessi ammettono: quelle batterie «hanno una capacità di risposta molto rapida ma danno un contributo in energia relativamente limitato e per poche ore». Per questo motivo la sperimentazione si starebbe concentrando su sostanze e tecnologie che di “ambientale” hanno ben poco: «batterie al flusso con chimiche del vanadio e del ferro, su chimiche basate sullo zinco o su evoluzioni delle batterie al litio con elettrolita allo stato solido». Sin qui la strategia: rendere la Sardegna sempre meno capace di produrre energia, sempre più dipendente dal guinzaglio energetico di Terna ed Enel. Poi, però, c’è, il progetto di “Quartucciu Bess”, sconosciuto come la misteriosa società che è stata costituita il venti settembre del 2021, con la sede fiscale in una specie di anonimo garage alla periferia di Olbia, in una strada a vicolo cieco dedicata a Simplicio Spano. La «EnergyQ1bess srl» ha fatto passare appena un mese dalla sua costituzione per depositare al Ministero della Transizione Ecologica un mega progetto per realizzare in aree agricole, a contatto con un’area oggetto di una vera e propria lottizzazione urbana, una mega centrale di batterie elettrochimiche da 180 megawatt, la più grande mai pianificata in Sardegna e in Italia.

Misteri & interrogativi

Un progetto tanto misterioso quanto tenuto sotto traccia. Tanti sono i punti interrogativi che affiorano senza fine. La relazione tecnica che pubblichiamo dichiara la realizzazione dell’impianto Bess, Battery Energy Storage Sistem nel comune di Uta. In realtà la zona prescelta è dalla parte opposta, a cavallo della quattro corsie della nuova 125, innestata con la 554. Terreno agricolo, recita il piano urbanistico comunale. Il Comune di Quartucciu lo ha già bocciato senza appello: «Incompatibile con il nostro territorio». La Regione pure: «Non è conforme al piano urbanistico vigente» e «risulta in contrasto sia in un’ottica di minor consumo del territorio, sia di conservazione dei terreni con potenzialità agricola, quale quello su cui ricade l’intervento». In pratica si sta pianificando un’imponente centrale di accumulo elettrochimico su un’area agricola di trenta ettari, con molti punti di domanda sulle sostanze da utilizzare, quando uno dei presupposti sarebbe dovuto essere quello di collocarlo, eventualmente, nelle aree industriali. Un progetto talmente controverso e misterioso che pone non pochi quesiti su chi realmente ci sia dietro quest’operazione.

La longa manus

Il primo indizio è negli atti camerali della società «EnergyQ1Bess srl». Nel capitolo proprietà e pegno si legge: «Domicilio del titolare: via Simplicio Spano 10, Enel Green Power – titolo di diritto: Pegno». Cosa c’entra l’Enel Green Power se quel fabbricato è intestato agli eredi di uno dei soci della neonata società? Il secondo indizio è nei progetti finiti nelle nostre mani. Sono firmati dall’ingegner Stefano Floris, socio della compagine che ha presentato il progetto “elettrochimico». Una postilla miniaturizzata nel progetto, però, è molto più di un intrigo di palazzo: «This document is property of Enel Green Power», ovvero «questo progetto è di proprietà di Enel Green Power». A Quartucciu quella mega batteria elettrochimica è un mistero. Ultima annotazione: dietro quell’impianto ci sarebbe un guadagno di oltre nove milioni di euro all’anno, un premio di “valorizzazione” di 51.012 euro a megawatt, da moltiplicare per 180. L’ennesimo regalo di Stato, pagato con le bollette dei sardi e non solo.

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