Da quasi due mesi i buoi sono costretti a un riposo forzato e a portare in processione i simulacri dei santi ci pensano i trattori, privando così le feste paesane dell’Isola di una parte della tradizione.

La dermatite nodulare bovina non sta mettendo a dura prova solo il settore zootecnico della Sardegna, ma anche gli allevatori che garantiscono i gioghi dei buoi per feste e processioni religiose.

La famiglia Piddiu di Villa San Pietro, in Sardegna è una delle più strutturate nel servire l’accoppiata giogo dei buoi e cocchio a parrocchie e comitati dei festeggiamenti: ma da quando è scoppiata l’epidemia che ha costretto Asl e Regione ad adottare una serie di provvedimenti, per i fratelli Igor e Samuele, e i loro figli Francesco e Nicola sono finite le trasferte in lungo e in largo per l’Isola.

«Sono ormai trent’anni che portiamo in nostri buoi in giro per la Sardegna, e fatta eccezione per un breve periodo tre anni fa legato alla lingua blu, non ci era mai capitato di restare fermi così a lungo – racconta Igor Piddiu -, la nostra è una tradizione di famiglia, mio zio era carradori, e ancora prima di lui lo era stato mio nonno. La situazione è precipitata lo scorso 2 luglio, quando è stata bloccata la circolazione dei bovini, inizialmente solo per la Barbagia, poi anche per gli altri territori: e così è saltato il nostro primo appuntamento, previsto per tre giorni dopo a Nuragus. Oggi viviamo alla giornata, chiedendo costantemente numi al Servizio veterinario della Asl: ci è stato detto che il blocco dovrebbe terminare per la fine di agosto, ma il nostro timore è che prosegua anche a settembre».

Fino a settanta appuntamenti all’anno, feste paesane che portano il giogo dei fratelli Piddiu e figli sino a Santa Teresa di Gallura: quello dei carradoris di Villa San Pietro, che hanno dato vita l’associazione “Su ju de bois”, è un’attività che tiene impegnati ben oltre il periodo delle manifestazioni in cui è richiesta la loro presenza. «Diciamo che si inizia a lavorare dopo Sant’Efisio, anche se noi qualche appuntamento ce l’abbiamo anche nei mesi invernali – racconta Igor Piddiu -, e per tutta la bella stagione siamo impegnati per due o tre volte a settimana. Allevare i buoi richiede un impegno costante e, soprattutto, molto denaro. Attualmente abbiamo un giogo composto da due buoi adulti, più quattro che stiamo addestrando: il denaro che guadagniamo in occasione delle feste, serve anche a coprire le spese per mantenere gli animali, e per il trasporto. Il blocco, sino ad oggi, ci ha causato una perdita di circa 12mila euro: se a settembre non dovessimo riprendere saliremmo a 20mila. Se si considera che tra foraggio e mangime all’anno occorrono circa 15mila euro, la dermatite bovina rischia di mettere in difficoltà non solo noi, ma tutti quelli che fanno il nostro lavoro».

Ma l’amore per questa lunga tradizione di famiglia è più forte della difficoltà, ecco perché Igor e Samuele Piddiu stanno trasferendo l’amore per i buoi ai propri figli: «Francesco ha 19 anni e Nicola 18 – dice Igor Piddiu -, sono molto giovani, ma ci accompagnano nei nostri viaggi con tanta passione, il futuro della tradizione di famiglia è nelle loro mani».

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