«I criminali di guerra non sono benvenuti in Sardegna e possono essere perseguiti dalla legge». Scritto in due lingue: ebraico e inglese. Sono i messaggi comparsi su alcuni manifesti affissi sopra i cartelloni dedicati ai turisti a Chia, nel comune di Domus De Maria. A corredo, oltre al disegno di una fantasia tipica dell’artigianato artistico sardo,  due hashtag: “freepalestine” e “stopgenocide”. 

I destinatari sono gli israeliani: il loro governo, con le sue forze armate,  sta compiendo un massacro nella Striscia di Gaza, dove la popolazione è alla fame, dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre del 2023, ormai due anni fa. E la location non sembra essere casuale: quella è la spiaggia di Su Giudeu. 

A parlare di “antisemitismo” è Mario Carboni, presidente dell’associazione Chenabura – Sardos Pro Israele, che in passato aveva inneggiato alla distruzione di Gaza «come la Berlino di Hitler»:  «Gli anonimi eredi dei nazifascisti ed attuali sostenitori degli jihadisti islamici, autori del cartellone, dovrebbero firmare un manifesto con i loro nomi affinché vengano aggiunti ai firmatari del manifesto delta razza fascista degli anni ‘30», attacca, «Anche allora c’erano dei sardi come denunciava con disprezzo Emilio Lussu in un suo magistrale articolo in difesa dei giudei». Per Carboni gli autori dell’iniziativa «sono oltretutto vigliacchi, oltre che ignoranti e non lo faranno mai. Se lo facessero dovrebbero argomentare il perché hanno scelto lo scoglio de Su Giudeu come obiettivo esplicito della loro azione, che si suppone notturna». 

Porre come parte grafica un ballo sardo «suona a loro vergogna, di fronte al popolo sardo che mai approverebbe la strumentalizzazione di un suo simbolo identitario e comunitario per un messaggio e una azione così esplicitamente razzista».

Carboni perla di fine della guerra, quando  «sarà tutto più chiaro e si dissolveranno le nebbie di questa ventata antisemita con la sconfitta di Hamas e la liberazione da questo mostro terrorista dei palestinesi che ne sono prime vittime e la ricostruzione sociale, culturale ed economica». 

Gli autori dei manifesti (ne sarebbe stato affisso più di uno) restano al momento sconosciuti: «Si sono presentati anche da noi», racconta Alberto Bertolotti, titolare del chiosco Araj, «ma non gli abbiamo permesso di appendere nulla. Qui non facciamo politica internazionale e chiunque è benvenuto». 

La sindaca di Domus De Maria, Maria Concetta Spada, appena venuta a conoscenza della presenza dei manifesti ha subito inviato la polizia locale: «Abbiamo proceduto con la rimozione. Non erano autorizzati», spiega, «ed era anche una questione di ordine pubblico».   

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