Francesco Cuozzo dell’Othoca conquista il secondo posto al concorso “Traballu e Tzitadinàntzia”
Lo studente del Liceo scientifico delle Scienze applicate e della Comunicazione di Oristano premiato per il suo talento nel concorso letterario regionalePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
È un canto, un ringraziamento. Ma anche un modo per dimostrare l’amore per le proprie radici. Francesco Cuozzo, studente del Liceo scientifico delle Scienze applicate e della Comunicazione dell’Othoca di Oristano, ha vinto il secondo posto al concorso letterario Traballu e Tzitadinàntzia, dedicato alla memoria di Gigi Bonfanti, figura di riferimento nel sindacato Cisl, da sempre promotore dei valori dell’inclusione, del bilinguismo e del dialogo intergenerazionale.
Grande la partecipazione con più di 147 componimenti presentati tra prosa e poesia. Questa mattina, tra i reperti del Museo archeologico di Olbia, Francesco ha ritirato il premio, cantando la sua arrepentina arretrogada. A consegnarglielo non è stato solo Roberto Pezzani, segretario generale Fnp Cisl, ma idealmente anche i suoi nonni, a cui ha dedicato Su traballu est cosa santa. «Mi sono ispirato ai miei nonni» racconta Francesco con quella semplicità che appartiene a chi sa riconoscere i veri maestri di vita, «alla loro dedizione e tenacia nel lavorare, nonché al loro amore per la cultura sarda».
Parole che pesano, in un’epoca in cui troppo spesso si guarda avanti dimenticando da dove si viene. Ma questa vittoria non è nata dal nulla. È il frutto di un percorso fatto insieme, di laboratori poetici condotti a scuola con la professoressa Francesca Trebino e il perito linguistico Antonio Ignazio Garau, dello sportello linguistico della provincia di Oristano.
«È stato emozionante», afferma Garau, «lavorare con ragazzi tanto profondi e dotati». E si sente, in queste parole, quella gratitudine reciproca che nasce quando insegnamento e apprendimento si incontrano davvero. E allora quel riconoscimento diventa qualcosa di più grande: non è solo il successo di uno studente talentuoso, ma la celebrazione di un lavoro di squadra e di una lingua che resiste e si rinnova nelle voci dei giovani.
«In fondo - spiega Trebino - Su traballu est cosa santa non è solo il titolo di una poesia. È un’eredità che passa di mano in mano, di generazione in generazione, e che oggi trova voce in un ragazzo che sa guardare indietro per andare avanti, che sa parlare sardo per dire qualcosa di universale: che il lavoro, la dedizione e l’amore per le proprie radici non sono peso, ma ali».
