Dermatite bovina, da Nuoro “no” agli abbattimenti e a misure drastiche
Conferenza socio sanitaria della Provincia con diversi sindaciPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Un appello articolato, per un cambio di approccio nella gestione della dermatite nodulare contagiosa bovina. È quello rivolto alla Presidente della Regione e agli Assessori Sanità e all’Agricoltura, dalla conferenza Socio-Sanitaria della Provincia di Nuoro. Al centro del confronto di questa mattina, la gestione dell’emergenza legata alla diffusione della dermatite nodulare contagiosa bovina, patologia che sta colpendo il patrimonio zootecnico sardo con ricadute rilevanti sul piano economico, sanitario e sociale.
Alla riunione, convocata con urgenza, hanno preso parte i sindaci dei Comuni della provincia, la Presidente di Anci, i Commissari straordinari della Provincia e della Asl di Nuoro, insieme ai rappresentanti delle tre Aree del Servizio Veterinario della Asl 3. Decisiva è stata la relazione tecnica del medico Giovanni Mari Zidda, Direttore della Struttura Complessa Sanità Animale, che ha illustrato in dettaglio le modalità di diffusione della malattia – veicolata da insetti come zanzare, mosche e zecche – e le misure attualmente adottate per contenerla.
Nel corso del dibattito è emerso in modo chiaro come l’applicazione del Regolamento comunitario, che prevede l’abbattimento sistematico dei capi infetti (stamping out), risulti poco efficace e scarsamente adatta al contesto sardo. La realtà isolana è infatti caratterizzata da un modello di allevamento estensivo, da una bassa densità di pascolo e da una forte specificità ambientale e genetica, che rendono necessaria una strategia differente rispetto a quella prevista nei contesti di allevamento intensivo continentale.
Inoltre, il fatto che la dermatite nodulare non sia una zoonosi, ovvero non trasmissibile all’uomo, riduce l’urgenza di ricorrere a misure drastiche. Considerata la trasmissione indiretta della patologia e il ruolo preponderante dei vettori, l’abbattimento non appare uno strumento efficace per il contenimento. Al contrario, le esperienze maturate in Europa nella gestione di altre malattie come la “blue tongue” o il “West Nile”, dimostrano come approcci alternativi, fondati sulla vaccinazione massiva e sul monitoraggio, possano risultare più sostenibili e funzionali.
Alla luce di queste valutazioni, l’Assemblea ha delineato una proposta operativa articolata. In una lettera alla Regione chiede, innanzitutto, di proseguire e rafforzare la campagna vaccinale su tutto il territorio regionale, in coerenza con quanto già condiviso dalle Asl. Contestualmente, si propone l’attivazione di una task force veterinaria operativa, in grado di supportare gli allevatori e monitorare la situazione in tempo reale.
Un altro punto ritenuto prioritario è l’istituzione di un protocollo di vigilanza post-vaccinale, della durata di 90 giorni, per valutare eventuali effetti avversi connessi alla somministrazione del vaccino. Questo monitoraggio dovrà tenere conto della razza bovina sarda, delle condizioni ambientali in cui è avvenuta la vaccinazione e dei tempi di somministrazione. In presenza di criticità, dovranno essere previste misure compensative, come ristori economici o deroghe anticipate alla movimentazione interregionale dei capi, rispetto ai 24 mesi attualmente previsti dalla normativa.
Tra le richieste, quelle che la specificità genetica delle razze locali, nonché le condizioni ambientali e gestionali dell’allevamento in Sardegna, vengano considerate come elementi strutturali nella definizione delle strategie di intervento.
A completare la proposta, l’Assemblea ha chiesto l’avvio di tavoli tecnici congiunti tra gli Assessorati regionali alla Sanità e all’Agricoltura, con il coinvolgimento delle amministrazioni locali, delle associazioni di categoria e dei servizi veterinari. Infine, vista la recente insorgenza di un focolaio in Francia, è stato proposto di sollecitare in sede europea un confronto tra Stati membri per valutare il possibile declassamento della Lsd dalla categoria A, in considerazione dell’evoluzione verso una condizione endemica già osservata in altri territori. Una simile revisione, prevista dal regolamento europeo sulla base di nuove evidenze scientifiche, consentirebbe una gestione più flessibile e aderente alla realtà.
Una nota che nasce dal profondo senso di responsabilità delle istituzioni locali, impegnate a garantire una risposta sanitaria efficace ma equa, che tuteli il patrimonio zootecnico e l’economia agro-pastorale. Le amministrazioni hanno ribadito la disponibilità a un confronto aperto e costruttivo, fiduciose che la Regione accolga queste istanze e se ne faccia carico nelle sedi competenti.