La sanità sarda «da anni viene utilizzata come terreno di scontro politico». Quelle attuate con riforme e pseudoriforme, con ospedali che passano dalla gestione di un’azienda sanitaria all’altra sono scelte che «non rispondono ai reali bisogni di salute della popolazione, ma appaiono funzionali esclusivamente a logiche di potere e alla sostituzione dei vertici aziendali». Sono durissime le considerazioni dell’Anaao-Assomed della Sardegna, il sindacato dei medici ospedalieri, che analizza la situazione della sanità sarda alla luce del vuoto gestionale causato dalla sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato i commissariamenti di Asl, Areus, Aou e Brotzu. 

Secondo l’organizzazione rappresentativa dei camici  «la sanità sarda ha bisogno di stabilità, competenza e capacità organizzativa: è da qui che bisogna ripartire». Lasciando perdere il periodico assalto alla diligenza con  «operazioni di smontaggio e rimontaggio del sistema sanitario regionale, con lo spostamento di ospedali, pazienti, personale, tecnologie e risorse, senza alcuna valutazione degli effetti prodotti».

Nel 2015, ricostruiscono dal sindacato, «il trasferimento del Microcitemico e dell’Oncologico all’interno dell’Azienda Brotzu ha determinato il depotenziamento e l’impoverimento di due ospedali di eccellenza. Nel 2016 si è passati da otto aziende sanitarie a un’unica Ats; nel 2022 l’ennesima riforma ha nuovamente frammentato il sistema in otto Asl, affiancate da Ares, Areus, dalle Aou di Cagliari e Sassari e dal Brotzu. A ciò si sono aggiunti ulteriori passaggi di ospedali da un’azienda all’altra – come il Marino di Alghero e il Microcitemico – che, nel giro di pochi anni, sono stati spostati e poi nuovamente ricollocati, generando caos organizzativo e disorientamento tra operatori e cittadini».

Video di Mariangela Lampis

È inaccettabile, secondo i medici ospedalieri, «che da anni la sanità pubblica venga piegata a esigenze di consenso politico, attraverso commissariamenti generalizzati che azzerano competenze, professionalità e continuità gestionale. La politica regionale deve assumersi la responsabilità di almeno vent’anni di instabilità programmatoria».

Un’azienda sanitaria non può essere governata con orizzonti elettorali, è la convinzione, perché  «la programmazione sanitaria richiede tempi lunghi, competenza e continuità. Ogni riforma improvvisata blocca la macchina organizzativa, riduce la produttività, rallenta l’erogazione delle prestazioni e compromette il diritto alla cura».

L’appello è all’adozione di  «politiche coraggiose e responsabili». Bisogna «selezionare i dirigenti sulla base delle competenze, valorizzare chi conosce i territori e i contratti e mettere finalmente al centro i cittadini e i professionisti sanitari, non gli equilibri di potere. Ricordiamo che la programmazione deve partire da un’analisi attenta dei fabbisogni, dall’ascolto dei cittadini, degli operatori e delle rappresentanze sindacali». 

(Unioneonline/E.Fr.)

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