Nude sulle loro pagine social, su Instagram, su Facebook. Senza avere mai scattato una foto di nudo. Le immagini che due adolescenti olbiesi hanno visto circolare rapidamente apparivano perfette. Loro, sorridenti, al mare, ma senza indumenti. E quelle immagini hanno tratto in inganno parenti e amici, uno shock per le ragazzine e le loro famiglie. Una storiaccia, che adesso è dentro un fascicolo aperto dai pm di Tempio. Sì, perché i genitori delle ragazze hanno chiesto alla Procura di risalire ai responsabili delle operazione di manipolazione grafica delle foto rubate da Instagram. Immagini estrapolate dai profili delle vittime, rielaborate con app e programmi (che ormai sono di facile reperimento e utilizzo) e poi ripubblicate sulle stesse pagine social delle vittime.

Spogliare le immagini

L'inchiesta aperta dalla Procura gallurese punta a individuare i responsabili dell'operazione, ma si tratta di un obiettivo difficilmente raggiungibile. I familiari delle vittime hanno fornito ai magistrati tutte le informazioni in loro possesso. Ma questo non basta. L'ipotesi di reato individuata dal procuratore Gregorio Capasso e dai suoi collaboratori è quella dell'articolo del Codice penale 600 quater.1. In pratica, le pene previste per chi diffonde materiale pedopornografico, sono estese anche chi pubblica materiale ottenuto mediante «tecniche di elaborazione grafica» su immagini «non associate in tutto o in parte a situazioni reali». Una norma che consente di punire chi utilizza applicazioni o programmi che spogliano le immagini, per poi pubblicarle.

Nessun aiuto

Nel caso specifico la polizia giudiziaria ha fatto i primi passi con le comunicazioni formali ai social network interessati, che sino a questo momento non hanno fornito alcun supporto alle indagini. Le famiglie delle adolescenti sono intervenute per proteggerle, le conseguenze negative della pubblicazioni delle immagini rielaborate sono state immediate. Il problema è che non è facile accertare se l'intervento sulle fotografie sia avvenuto per opera di un utente in carne e ossa o sia l'effetto di un programma (bot) che usa i canali della rete e accede alle pagine web e alle app di messaggistica istantanea con un’ampia gamma di strumenti, tra i quali ci sono le elaborazioni grafiche di immagini. Chiunque pubblichi una foto può essere vittima potenziale della tecnica denominata deepfake. Il fatto è che, mentre in passato si trattava di manipolazioni grafiche che riguardavano soprattutto i vip, ora tantissime persone, soprattutto giovani donne, sono esposte al rischio della pornografia virtuale. Una applicazione, DeepNude, è stata già eliminata dagli store.

Il Garante

Le denunce arrivate a Tempio si aggiungono a segnalazioni dello stesso tenore fatte alle forze dell'ordine, alle quali non sono seguite denunce. Per la Polizia postale è uno nuovo fronte aperto, in una guerra che è quasi impossibile combattere. Anche il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto una istruttoria sul fenomeno, perché le vittime subiscono «gravi lesioni alla dignità». Il fatto è che se le immagini virtuali sono il frutto di manipolazioni opera dell'intelligenza artificiale, la battaglia è persa in partenza.

Andrea Busia
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