Morto in barca a Portisco: acido solfidrico nello yacht della tragedia? Per la famiglia è una vittima sul lavoro
Dura presa di posizione anche del sindaco di Bacoli, paese di origine del 21enne Giovanni Marchionni: «Pronti a costituirci parte civile in un eventuale processo»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Giovanni Marchionni è deceduto sullo yacht dove stava lavorando, la sua è l’ennesima morte bianca in Italia e vogliamo la verità: è questa la posizione della famiglia e dei legali (Gabriele Satta e Maurizio Capozzo) del ragazzo morto all’alba dell’otto agosto su uno yacht ormeggiato a Portisco. E sono le stesse valutazioni del sindaco di Bacoli, Josi Gerardo Della Ragione (38 anni, giornalista), che ha assunto una linea molto dura: «Il Comune di Bacoli sarà al fianco della mamma, del papà, dei fratelli, della sorella, della nonna e dei parenti ed amici di Giovanni. Siamo in contatto con gli avvocati della famiglia, ci costituiremo parte civile in un eventuale processo. Perché non si può morire così a 21 anni, chi parte per lavoro, deve tornare a casa vivo».
Nel corso dei funerali del ragazzo, celebrati ieri a Bacoli, suo paese di origine, l’appello rivolto alla magistratura è stato univoco: indagate per un infortunio sul lavoro. E alcune circostanze che emergono dagli atti delle indagini sembrerebbero avvalorare questa tesi.
LA RICOSTRUZIONE – Giovanni Marchionni aveva una sua cabina nello yacht e non era in vacanza. Testimoni sentititi dagli investigatori parlano di un fetore, che si sarebbe sentito per diverse ore nel pontile della tragedia, descritto con precisione e perfettamente compatibile con l’odore dell’acido solfidrico. Si tratta di una sostanza (le cui esalazioni possono essere mortali) prodotta anche dalla ebollizione, per surriscaldamento, dell’acido solforico delle batterie al piombo. Un dato che pone qualche interrogativo è il mancato coinvolgimento, almeno nella prima fase delle indagini, degli ispettori del lavoro della Asl di Olbia (Spresal).