Bettoline e carri bombolai, reti “virtuali” e soluzioni “moderate”, dove per “virtuali” s’intende campate per aria e “moderate” tendenti al minimo sotto vuoto spinto. Se non fosse un decreto di Stato si sarebbe potuto pensare ad uno scherzo, ma il Governo Draghi quando ha deciso di commissariare la Sardegna non ha avuto vuoti di fantasia. Cingolani, Roberto, il fisico prestato alla politica, ama le porte girevoli. Dai vertici di Leonardo, la società delle armi di Stato, al Ministero della Transizione Ecologica e oggi padre padrone della politica energetica di Palazzo Chigi. Il passo è stato breve e rapido, da braccio destro del banchiere d’Europa fattosi primo ministro a consulente personale del neo premier Giorgia Meloni, l’unica oppositrice del fu Governo Draghi. Misteri della politica e delle istituzioni.

Dilemma di palazzo

Il dilemma, ora, però, più che mai, brucia: continuità o solo passaggio di consegne? Non ci vorrà molto per scoprirlo. La Sardegna sarà il primo banco di prova per svelare il vero ruolo del propugnatore di soluzioni rivelatesi fallimentari per contrastare rincari energetici stellari, capaci solo di perseguire, vedasi gestione extraprofitti, un’inflazione speculativa senza limiti. La Regione, come anticipato ieri dall’Unione Sarda, ha impugnato al Consiglio di Stato la sentenza choc con la quale il Tar Lazio aveva di fatto “approvato” il decreto con il quale Cingolani e Draghi avevano messo spalle al muro la Sardegna, negando ai sardi diritti e riequilibrio, imponendo soluzioni utili solo alle lobby dell’energia, da quelle elettriche a quelle eoliche, passando per petrolieri e gestori di gas. La partita, dunque, sarà prima di tutto politica.

Agguato energetico

La questione in ballo non è secondaria: si tratta dello sviluppo economico dell’Isola, della qualità dei servizi, del loro costo e l’equiparazione della Regione a quelle italiane ed europee. Il vero scontro, però, va ben oltre: a rischio c’è la tenuta costituzionale dell’impianto “speciale” e “autonomistico” della Sardegna, sfregiata da un decreto che vuole eliminare la competenza concorrente ed esclusiva sul tema dell’energia. In sintesi il provvedimento adottato dal Governo aveva il chiaro obiettivo di trasformare l’Isola in una vera e propria colonia energetica, dove sfruttare sole e vento ad esclusivo vantaggio delle lobby dell’incentivo di Stato. Tutta energia da esportare attraverso un cavo guinzaglio in Continente, prima in Sicilia e poi in Campania. Per la Sardegna, invece, solo soluzioni pasticciate e da terzo mondo, con due rigassificatori galleggianti, uno a nord e uno a sud, per lavarsi la coscienza dinanzi all’unica regione d’Italia e d’Europa senza metano. Un decreto capace di negare all’Isola il minimo necessario, perseguendo solo gli interessi di chi punta a fare cassa.

Palla alla Meloni

È, dunque, prima di tutto il nuovo Governo che dovrà decidere se far propria la politica energetica di Draghi & Company, compreso l’agguato alle prerogative costituzionali dell’Isola, oppure metterci mano, magari d’intesa proprio con la Regione Sarda. Il riscontro in questo caso non sarà condizionato dalle calende greche della politica. Il ricorso appena depositato dalla Regione sarda a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, non aspetterà i tempi della politica. La Presidenza del Consiglio dei Ministri dovrà sciogliere subito la riserva dando o meno mandato all’Avvocatura di Stato di resistere in giudizio al nuovo ricorso della Regione, aprendo di fatto uno scontro non solo giudiziario ma anche politico-istituzionale tra Palazzo Chigi e la Regione Sarda.

Contesa giudiziaria

Dal dilemma politico-istituzionale alla contesa giudiziaria. La Regione sarda è ora costretta a rincorrere una sentenza, quella del Tar Lazio, capace di stravolgere alla radice non soltanto il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione ma anche, e soprattutto, il rango costituzionale del suo Statuto e delle prerogative esclusive e concorrenti sancite dalla Carta delle leggi. È difficile, per ovvie ragioni, affermare che si tratti di una sentenza “politica”, ma di certo i Giudici non si sono sottratti dall’interpretare le norme “speciali” ad uso e consumo della bontà del decreto Draghi.

Stravolto lo Statuto

Le principali argomentazioni dei Giudici del Tar, ed ora contrastate dalla Regione, sono un vero e proprio stravolgimento delle più evidenti disposizioni statutarie e costituzionali. Il primo assunto dei togati del Tar Lazio è legato al “gas” che, secondo i magistrati, non avrebbe niente a che fare con la competenza esclusiva e costituzionalmente sancita dall’art. 4 dello Statuto Autonomo della Sardegna che riconosce alla Regione la potestà legislativa in materia di «Produzione e distribuzione dell’Energia elettrica». È attraverso questa prima “stravagante” e fuorviante interpretazione che i Giudici del Tribunale di Roma fanno decadere tutte le argomentazioni difensive dell’Avvocatura regionale Sarda. Un’interpretazione, quella dei giudici, che lascia sgomenti. Scrivono nella sentenza impugnata davanti al Consiglio di Stato: «Il settore del gas naturale non può esser automaticamente ricompreso invero nel concetto di energia elettrica, come se l’indicazione della competenza concorrente regionale fosse una clausola aperta e adattabile ad ogni sopravvenienza».

La “cantonata” del gas

Un distinguo arbitrario e senza precedenti quello tra il «settore del gas» e «produzione e distribuzione dell’energia elettrica». Una forzatura evidente, sia in termini sostanziali che giuridici. Sarebbe bastato approfondire il tema sia in chiave giurisprudenziale che costituzionale per non incorrere in questa che appare come una “bislacca” interpretazione pro-Draghi. Se avessero voluto non sarebbe stato complicato riscontrare quanto sostenuto dai cultori del diritto “costituzionale energetico”: va “respinta” la tentazione di separare “produzione”, “trasporto” e “distribuzione”, intese come fasi diverse e distinte del processo energetico. Bastava riflettere su quanto hanno ripetutamente sostenuto luminari di rango per evitare di far soccombere le legittime rivendicazioni dell’Isola. Beniamino Caravita, docente universitario, recentemente scomparso, è cresciuto a diritto e Costituzione, considerato uno dei maggiori giuristi nella materia.

Governo dell’energia

La sua affermazione cancella in un colpo solo tutta l’artificiosa impalcatura con la quale è stato respinto il ricorso di primo grado della Regione: «La verità – ha scritto Caravita - è che il legislatore costituzionale intendeva riferirsi al “governo dell’energia”, quale settore complessivo e omnicomprensivo». Dunque, la Regione aveva il diritto di negoziare il decreto e di sottoscriverlo previa “intesa forte”. Un diritto sacrosanto legato alla più razionale interpretazione del “governo dell’energia” ma anche, eventualmente, per quella clausola “migliorativa” sancita proprio dalla massima Corte.

Maggior favore

Ad affermarlo, infatti, è proprio la Corte Costituzionale: «Le competenze statutarie delle autonomie speciali in materia di energia sono sicuramente meno ampie rispetto a quelle riconosciute alle Regioni ordinarie, nello stesso ambito, dall’art. 117, terzo comma, Cost., sicché va ad esse applicato, in base alla cosiddetta «clausola di maggior favore» prevista dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2003, n. 1 […], il parametro costituzionale corrispondente». Come dire se ci fosse un potere-competenza minore della Regione Sardegna rispetto a quelli delle regioni ordinarie, bisognerebbe comunque applicare la norma più vantaggiosa.

Palazzo Chigi & Spada

Sarebbero bastati questi due richiami per scongiurare il golpe energetico dello Stato ai danni della Sardegna. Il Tar del Lazio, invece, assumendosi l’onere di sentenziare anche su questioni di rango costituzionale, ha negato alla Regione sarda ogni legittima ragione di difesa. Ora la partita si sposta prepotentemente a Palazzo Chigi e Palazzo Spada, rispettivamente Consiglio dei Ministri e Consiglio di Stato. Da affrontare ci sono le questioni di merito, dalla discriminazione energetica al riequilibrio insulare, dai prezzi iniqui alle infrastrutture negate. Il decreto Draghi e la sentenza del Tar Lazio, del resto, per la Sardegna, sono uno vero e proprio scippo infinito.

(2.continua)

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