Capo Teulada, bombe & pale eoliche in mare
I piani per l’assalto degli americani della Falck Renewables e degli svizzeri della Repower nel sud dell’Isola
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Non bastavano i missili e le bombe conficcate sulla roccia nera di Capo Teulada, la punta estrema della Sardegna verso il nord Africa. Non bastavano nemmeno le incursioni da terra e dall’aria. In quell’eremo vietatissimo, tra le spiagge più esclusive della costa sarda, del resto, sono approdati eserciti di mezzo mondo. Portaerei e corvette, sommergibili e jet da guerra. Non si potrà dire che la penisola Delta, nei 65 anni di occupazione militare, non ne abbia visto di ogni colore. Secondo la Procura di Cagliari, che indaga per disastro ambientale, in quella lingua di terra dal 2010 al 2016 sono stati esplosi 686.000 colpi di artiglieria pesante, razzi e missili anticarro, pari a 556 tonnellate di materiale bellico. Eppure, quelle terre e insenature di mare sottratte, forse per sempre, allo sviluppo turistico, non hanno ancora visto tutto. A rendere senza ritorno l’assalto a quel mare turchese ci penseranno i signori del vento, americani e svizzeri. Questa volta, però, l’invasione sarà senza precedenti. A mettere le mani su quello specchio acqueo, sino ad oggi di esclusivo dominio militare, vietato a natanti e turisti, vacanzieri e pescatori, saranno proprio le multinazionali del vento. Non uno sbarco qualunque, ma un vero e proprio assalto congegnato con la spregiudicatezza che nemmeno le incursioni armate erano riuscite a dispiegare con tanta irruenza. Non un punto a caso quello scelto dai due colossi stranieri del vento.
Dalle Bocche a Zafferano
Dopo aver bocciato le Bocche di Bonifacio, secondo i piani di analisi ritenute le più ventose della Sardegna, ma troppo sensibili sul piano ambientale, le mire dei turbinatori d’alto mare si sono spostate nel sud dell’Isola. Una constatazione tecnica ed eloquente scivola indifferente sulle relazioni tecniche dei progetti appena presentati: secondo i progettisti, l’area prescelta per conficcare le pale eoliche nel fondale marino non disturba le aree militari. Anzi, secondo una soffusa valutazione di merito, quello specchio acqueo è già di fatto compromesso, tanto vale piazzarci un bel po’ di ciclopiche pale eoliche. Le carte, sino ad oggi secretate tra le procedure del Ministero delle Infrastrutture, sono un fiume in piena, con tanto di mappe e dati, progetti e occupazione di spazi acquei giganteschi, come se per quei territori non ci fosse un domani. La vastità del progetto di occupazione eolica, da sommarsi a quella militare, è inequivocabile: il fronte costiero interessato, per restare ai soli confini cartografici, va da Sant’Antioco a quello che i signori del vento definiscono “Comune” di Santa Margherita di Pula, ignorando che si tratta, invece, di una frazione del Comune di Pula. Quando lo scrivono nella trasmissione dei documenti alla Capitaneria di Porto di Cagliari non hanno la benché minima idea che quel progetto sta per impattare su una delle coste più esclusive della Sardegna.
Addio turismo e diporto
Certo è che, se quel piano di sbarco eolico presentato agli uffici di Stato dovesse concretizzarsi, il sogno turistico e diportistico di quell’area resterà a lungo una vera e propria chimera, forse per sempre. Il solo fatto di sbagliare le indicazioni dei Comuni proiettati su questa invasione eolica la dice lunga su quanto questi signori considerino la costa sarda una terra di conquista. Una terra promessa per affari d’alto mare, punto e basta. L’imponenza dello sbarco eolico ha un cliché consolidato. La prima miracolosa promessa che ti raccontano fa ribrezzo: ci saranno migliaia di posti di lavoro.
Il baratto del finto lavoro
Come per barattare un’agognata speranza di lavoro con la “concessione” del bene paesaggistico e ambientale, per non parlare delle conseguenze nefaste sul sistema elettrico della Sardegna. Lo ripetono ovunque vadano, basta vedere le conferenze stampa degli stessi signori, e signore, fatte recentemente in Puglia. Stessi adulatori, quelli della Falck, stesse rassicurazioni per tutti: per loro nessun impatto sulla costa, le pale da 250/300 metri, affermano, nemmeno si vedono.
La rivolta pugliese
Peccato che nemmeno un Sindaco del tacco dello Stivale gli abbia creduto. Tutti contrari, non ne vogliono nemmeno sentire di deturpare per sempre le loro coste. La rivolta pugliese è totale, dalla Regione all’ultima delle associazioni. Sarà anche per quello che, gli ex acciaieri italiani prima e gli americani della J.P. Morgan ora, hanno deciso di diversificare progetti e località, passando, senza remore, dalla Puglia alla Sardegna, utilizzando lo stesso “sentiment” dell’occupazione militare. Nel versante prescelto, quello davanti al Poligono militare interforze della Nato di Teulada, si sentono protetti.
Bombardamento eolico
Del resto, se da quelle parti hanno “accettato” di farsi bombardare, senza mezzi termini, da terra e dall’aria, cosa mai sarà farsi piazzare un esercito di pale eoliche in fila indiana in mezzo alle acque cristalline davanti a Cala Zafferano o Porto Tramatzu? E così hanno fatto. I primi ad osare sono stati quelli della Repower, sede nientemeno che in laguna, tra Venezia e Mestre, ma con i capitali della holding tutti in Svizzera. Se la sono presa sicura: il loro parco eolico lo hanno posizionato un po’ più a largo della linea di confine a mare del poligono militare. La fattibilità, secondo i proponenti, è percorribile “grazie alla loro locazione a diversi chilometri dalla costa”.
Niente Alpi e Laguna
Gli svizzeri, dopo aver scartato all’origine il posizionamento delle pale eoliche sulle Alpi e sulle acque della laguna veneta, si sono concentrati direttamente sulla proiezione a mare delle monumentali dune bianche di Porto Pino. Il progetto prevede, infatti, l’installazione offshore di 33 aerogeneratori di potenza di 15 megawatt ciascuno. In tutto pensano di generare una potenza di 495 megawatt, tutti da spedire direttamente in Sicilia, per alimentare l’Italia in verde. Ma se gli svizzeri della Repower Renewable S.p.A. si sono presi un margine di sicurezza per non incrociare navi da guerra, missili e colpi di mortaio, il progetto Nora 1, quello italo-spagnolo-americano e persino russo, ha scelto di sfidare tutte le insidie del poligono militare.
Il progetto Nora 1
Proprio a ridosso della linea di confine dell’insediamento più devastante dell’Italia guerrafondaia hanno, infatti, posizionato un “parco” eolico dai numeri imponenti: 53 pale eoliche per un potenziale energetico di 795 megawatt. Un vero e proprio muro alto come 100 piani di un grattacielo, tra i 250/300 metri di altezza, con pale rotanti che si inerpicano oltre l’orizzonte della stessa penisola interdetta, quella per intenderci dove gli esseri umani non potranno più metterci piede per via dell’inquinamento senza ritorno. Anche in questo caso la calata multinazionale è stata messa nero su bianco dal Governo di Roma. Sono gli inquilini di Palazzo Chigi che hanno esortato i signori del vento a concentrarsi sulla Sardegna, pronta a subire, secondo un comune sentire, ogni genere di invasione, figuriamoci il fascino dei colossi della finanza mondiale disposti a tutto pur di prosciugare un fiume in piena di denari che i Palazzi intorno al Colosseo promettono a coloro che prendono d’assalto i mari e le terre di Sardegna. Incentivi a gogò appena incrementati dal Governo che promette di rimpinguare a dovere i guadagni dei signori del vento. In questo contesto emergono anche i primi elementi economici degli investimenti che queste società nate ad hoc per questa scalata eolica si ripromettono di mettere in campo.
Un mare di soldi
Per dare un’idea di quanto pensano di spendere per la realizzazione di questi “parchi” di vento si pensi che, secondo i documenti in nostro possesso, ogni pala piazzata in mezzo al mare dovrebbe costare 26 milioni di euro. In questo quadro, per le 33 pale svizzere davanti a Capo Teulada, la spesa dovrebbe essere di 858 milioni di euro, che diventano un miliardo e 286 milioni di euro tra sottostazioni elettriche e cavi di connessione. Spenderanno ancora di più i signori della ex Falck. Per loro l’investimento sarà per le sole pale a mare di un miliardo e 380 milioni di euro, più altri 650 milioni di orpelli elettrici. Non c’è da preoccuparsi: lor signori non hanno problemi di denaro. In Borsa hanno dichiarato che i loro investimenti nell’eolico gli frutteranno una rendita del 50%. Più del guadagno delle industrie belliche in tempo di guerra.