Un governo tira l'altro: il commento di Giulio Zasso
Il Pd scende in campo al posto della Lega e non c'è neanche bisogno di cambiare allenatore: Giuseppe Conte è l'usato sicuroPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Una mano di colore rilancia la stagione della politica più pazza di sempre. Lo sfondo giallo resta, il verde si tinge di rosso, qualche mano di stucco qua e là e si può ripartire.
Via un contratto, arriva un'alleanza di intenti: il Pd scende in campo al posto della Lega e non c'è neanche bisogno di cambiare allenatore. Giuseppe Conte è l'usato sicuro anche per la nuova azione di governo. Soprattutto è il grande vincitore nella rivoluzione d'agosto: ha fermato la caduta del M5S, ha dato una spallata decisiva a Salvini ed è riuscito a imporsi col Pd e la sua richiesta di "discontinuità".
Salvo colpi di scena delle prossime ore, le trattative tra Dem e pentastellati sembrano aver convinto il presidente Mattarella, costretto peraltro a muoversi ancora una volta nello spazio strettissimo di proposte di governo tra forze che si giurano odio eterno. Il «mai con chi...» è ormai uno slogan da due soldi che non convince più nessuno: quando c'è da sedersi al tavolo di comando diventa più facile rinnegare il passato che buttare tutto all'aria e andare alle elezioni.
È successo un anno fa con M5S e Lega, succede ora con M5S e Pd: la sensazione è che per la tenuta di governo ci sia lo stesso respiro corto di prima. I punti di distanza sono profondi: dalle banche al reddito di cittadinanza, dalla Tav ai vaccini. Per non parlare del decreto sicurezza, voluto dalla Lega ma votato dai grillini. E all'orizzonte c'è la manovra che dovrà rimettere a posto i conti per convincere l'Unione europea a non applicare sanzioni miliardarie. Con l'ombra della "clausola di salvaguardia" e il balzello più iniquo di tutti: l'Iva al 25 per cento.
E Salvini? Sembrano all'improvviso lontanissimi i giorni del Papeete e dell'esaltazione per i sondaggi che davano la Lega al 40 per cento. La prova muscolare della sfiducia al governo ha avuto solo l'effetto di compattare tutti per contrastare l'avversario troppo ingombrante. I Cinque stelle hanno intravisto la possibilità di frenare l'emorragia di consensi, aggrappandosi all'inatteso (o quanto meno ancora sconosciuto) carisma di Conte.
Il Pd alle prese con le diaspore interne ha deciso di giocarsi la chance di tornare nei posti di comando. E il leader del Carroccio, nello spazio di pochi giorni, si è ritrovato all'opposizione a prendersela col "ribaltone pronto da tempo". Ora dovrà studiare una nuova strategia per rientrare dalla finestra, dopo che ha deciso di catapultarsi fuori dal portone principale. Le forze di centrodestra proveranno a compattarsi all'opposizione.
Giorgia Meloni pensa già a una mobilitazione per chiedere il voto: "Se necessario scenderemo in piazza", fa sapere. Salvini forse ci sta pensando, ma per ora si ferma alla necessità di arrivare in fretta alle urne: "Chi non ci vuole andare non ha la coscienza pulita". Anche Berlusconi va all'attacco: "Il governo più di sinistra di sempre".
Il Pd è al lavoro per preparare la squadra di comando, limando le (consuete) tensioni interne. Dopo i giorni in cui aveva parlato apertamente di elezioni, Zingaretti ha scelto di mettere il cappello sulla trattativa con il M5S per non lasciare troppo spazio alle truppe parlamentari di Renzi: "Siamo sulla strada giusta per dare un nuovo governo all'Italia", l'ottimismo del segretario dem.
I pentastellati si godono la possibilità di dar vita a un altro progetto di governo e soprattutto di tenere lontane le elezioni dopo le ultime, deludenti, prove alle urne. La giocata di Salvini ha ridato ossigeno a Di Maio: per scrollarsi di dosso il partner leghista, non si preoccupa più di tanto dell'ascesa di Conte, che pure mina la sua leadership nell'universo grillino.
Il ritorno dell'avvocato del popolo a Palazzo Chigi è a un passo, ma c'è ancora l'incognita della piattaforma Rousseau: in queste ore si dovrà decidere se dare alla base pentastellata la possibilità di esprimere il proprio parere sul nascente accordo di governo. Il rischio di un pollice verso è concreto, ma molto dipenderà dalla domanda che verrà posta agli iscritti M5S. Al tempo della politica in cui vale tutto non è un dettaglio da poco.
GIULIO ZASSO