Trasferita in comunità la detenuta incinta all’ottavo mese. La garante: «Non dimentichiamo le altre»
La ragazza, poco più che ventenne, trascorrerà le ultime settimane prima del parto a Iglesias. Caligaris (Sdr): «I bambini sono innocenti»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
È stata trasferita in una comunità terapeutica la donna incinta di quasi 8 mesi che era finita nella sezione femminile della Casa Circondariale di Cagliari-Uta.
Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” che aveva accompagnato la giovane, tossicodipendente, al Policlinico Universitario: «Trascorrerà le ultime settimane, in attesa del parto, nella Comunità Emmaus di Iglesias. La soluzione è stata trovata grazie al coordinamento tra la Direzione Penitenziaria, quelle dell’area Sanitaria e della Sicurezza dell’Istituto, la Ginecologia del Policlinico, la Garante regionale delle persone ristrette e la Responsabile della Comunità Emmaus. Una collaborazione che è stata determinante per il Giudice che ha quindi disposto il trasferimento della giovane donna».
La ragazza, poco più che ventenne, stava portando avanti una gravidanza ormai imminente e a rischio con il concreto pericolo di un parto prematuro e senza la necessaria assistenza.
«La positiva soluzione – continua Caligaris – non può far dimenticare che la presenza in carcere di una donna incinta o con una creatura di pochi mesi o anni non è solo un obbrobrio perché mette a rischio la vita della/del neonato ma determina una situazione di grave disagio all’intera struttura detentiva soprattutto laddove il sovraffollamento e l’assenza di un centro clinico nella sezione femminile comportano la necessità di un costante ricorso alle cure ospedaliere con conseguente mobilitazione di ambulanza e agenti penitenziarie per la scorta».
«È noto che sia il periodo di gestazione sia quello perinatale e dei primi anni di vita richiedono – ricorda la presidente di SDR – per la crescita del feto e/o del neonato e per il benessere della gestante un ambiente salutare anche sotto il profilo della qualità del cibo e dell’aria. Un carcere, seppure in una sezione femminile con una cella-nido, non può garantire condizioni adeguate. Né si può dimenticare che le creature in grembo o neonate sono carte assorbenti, recepiscono quindi quanto sta loro intorno. In Sardegna, non essendo disponibile un ICAM (Istituto a Custodia Attenuata per Madri Detenute) occorre uno sforzo da parte delle amministrazioni locali di dotarsi di spazi protetti per i rari casi di donne incinte o con neonati/e con problemi giudiziari. La Magistratura potrà così evitare di ricorrere al carcere e anche ad allontanare le detenute madri dai parenti più prossimi. Senza tralasciare che i bambini sono innocenti. L’auspicio è che la vicenda della giovane detenuta incinta – conclude – possa diventare un positivo esempio di collaborazione per evitare che si ripeta».
(Unioneonline/D)
