«Posacenere: ecco a cosa serviranno le mie ostriche se non potrò venderle». Questione di pezzature. Franco Masala, 72 anni, allevatore ittico di ostriche (ma anche cozze) nella parte sud di Santa Gilla, tra il ponte della Scafa e il mare aperto dove insistono i filari della sua azienda, non sa darsi pace. «È l'ennesima batosta».

Lo dice mentre guarda i filari carichi di ostriche, la sua merce invenduta che continua a crescere e che se non potrà commercializzare immediatamente rischia di dover poi buttare al macero. Una montagna di molluschi e denaro che da qui a qualche settimana non avranno più valore. «Perché se le ostriche superano i 150, 160 grammi nessuno le vuole», avverte l'imprenditore che opera all'esterno della laguna, oltre il ponte della scafa, e non è affiliato al Consorzio ittico santa Gilla.

E intanto anche gli altri allevatori del Consorzio, dove i valori d'inquinamento sono elevati per via degli scarichi inquinanti finiti in laguna dai rii Cixerri e Mannu, minacciano dure azioni di lotta, sconfortati - come dice il presidente Stefano Melis, «dal silenzio assordante di una classe politica che non sembra interessata al bene Santa Gilla e ancora meno alla sporte di 250 pescatori».

Ostriche (foto Andrea Piras)

L'attesa è per le analisi della prossima settimana, quando i tecnici della Assl torneranno in laguna per i prelievi. La speranza è che i valori dell'escherichia coli rientrino e venga cancellata l'ordinanza che vieta raccolta e commercializzazione.

La rabbia è per la mancanza di programmazione per realizzare opere idrauliche a nord dello stagno per impedire l'ingresso di acque inquinate. Ma soprattutto a Santa Gilla cresce la protesta per i fondi (2,2 milioni di euro) fermi nelle casse della Città metropolitana. Non solo. «Chi ha il compito di verificare gli scarichi illegali lo faccia. Vadano a cercarli e si denuncino i responsabili», urlano a Santa Gilla i soci delle cooperative del Consorzio di pesca.
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