Tornando ai fondamentali, che cos'è il QE, il "Quantitative Easing" che Draghi continua imperterrito a usare come un lanciafiamme per risollevare l'economia europea e raggiungere l'obiettivo di una inflazione al 2% annuo?

La spiegazione è semplice: la BCE, la Banca Centrale Europea che gestisce l'Euro e attua la politica economica e monetaria dell'Unione Europea, stampa moneta extra che usa per comprare obbligazioni dalle istituzioni finanziarie dei vari paesi.

Questo processo per definizione inflattivo (lo stampare moneta) dovrebbe ridurre i tassi d'interesse e conseguentemente servire a incentivare imprese e persone a richiedere finanziamenti alle banche, dunque a investire e spendere, a rilanciare i consumi e, crediamoci, l'economia reale. Un altro vantaggio sarebbe non trascurabile: l'euro, a causa di questa sovrapproduzione di carta stampata si svaluta rispetto alle monete degli altri paesi permettendo un incremento delle esportazioni. Tutto questo in teoria.

Il QE è stato attivato da Draghi all'inizio del 2015, ma in realtà già dal 2012 i tassi d'interesse erano stati portati dalla BCE sotto l'1% e a zero i tassi sui depositi. Nel 2016 la terza tranche di QE raggiunge gli 80 miliardi mensili, il tasso di riferimento scende allo 0%, quello sui depositi al - 0,4%. Oggi Draghi rilancia un nuovo QE, che verserà 20 miliardi di euro ogni mese nelle banche commerciali.

Tuttavia, nonostante sette anni d'interventi monetari sino al picco di un fuoco atomico di 80 miliardi mensili, l'inflazione non ha mai raggiunto il suo obiettivo.

A luglio 2019 l'inflazione era all'1.1%, ben al di sotto del target, mentre dovrebbe raggiungere l'1,7% solo entro 5 anni.

Di questo scarso risultato (ovviamente il sostantivo fallimento non può essere usato nelle ovattate stanze del potere) iniziano a occuparsi diffusamente un po' tutti. Lucrezia Reichlin avverte una profonda e persistente avversione al rischio da parte di chi investe. Chiama in causa l'invecchiamento della popolazione, l'incertezza dovuta alle nuove tecnologie e all'ordine mondiale, la mancanza di fiducia. Mariana Mazzuccato, che rifugge dall'usare il termine neo-liberismo, spiega che «c'è stata una finanziarizzazione spaventosa dell'economia, il che significa sia che il settore finanziario è diventato più importante dell'economia reale, sia che l'economia reale è diventata finanziarizzata: la finanza finanzia la finanza». Michele Boldrin puntualizza: «Si protrae un equivoco: quello secondo cui basti creare riserve di denaro per determinare la crescita di un'economia. La vera crescita passa attraverso gli investimenti, le imprese, l'innovazione. Non certo scambiando titoli con euro: mettere sempre più liquidità nei portafogli di banche che già ne son piene non è una bacchetta magica che fa apparire investimenti prima inesistenti».

La lezione di sette anni di "finanziarizzazione" sembrerebbe inequivocabile: il QE ha aiutato sinora solo i ricchi, i possessori di asset finanziari e di grandi patrimoni immobiliari; sta permettendo di tenere in vita imprese decotte invece che creare una nuova economia; sta incentivando i governi a rimandare le riforme del mercato del lavoro; permette alle banche di tenere immobilizzati i capitali invece che supportare l'economia reale; sta favorendo il debito e finendo per allargare paurosamente la base di disoccupazione e delle famiglie in difficoltà. In questa sbronza dei ricchi sempre più ricchi si dimentica, dunque, che l'economia viene prima della finanza (ovvero: i flussi vanno dall'economia alla finanza e non viceversa); che, se non esiste un'economia competitiva, gli escamotage finanziari diventano funzionali solo a chi vive della finanza ma non distribuiscono ricchezza; che quest'ultima si forma dalla gestione caratteristica delle attività d'impresa e si difende tutelandola; che gli stati non devono fare finanza, ma assicurare le basi di sviluppo di un'economia sana (lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, infrastrutture e servizi efficienti, formazione, basse tassazioni).

In Italia il QE ha salvato le banche e condannato il paese a stagnazione e a maggiore inefficienza e corruzione, lo tocchiamo ogni giorno con mano e lo leggiamo dal record di 2.400 miliardi di debiti, raggiunto nonostante le spese delle periferie vengano ridotte del 5% ogni anno, gli investimenti siano crollati e la povertà continui ad aumentare. Al regale appetito di Roma noi non sappiamo rinunciare.

Ciriaco Offeddu

(Manager e scrittore)
© Riproduzione riservata