Ci sono gli elicotteri, gli affari spregiudicati sul fuoco, i cartelli e le lobby dell’antincendio. E poi c’è la vita quotidiana, quella dei boschi, sempre più abbandonati e preclusi, desertificati dalle fiamme perenni e dall’indifferenza collettiva, sacrificati sull’altare di affari più remunerativi. Il Montiferru, come il Grighine, il Montalbo come il Monte Arci, dal Monte Linas al Marganai. L’intreccio di interessi è tutt’uno con divieti e burocrazia, tra ottusità gestionale fatta di cancelli sbarrati e visioni talebane dell’ambiente. Di certo in questa terra di Nuraghi, colonia energetica dello Stato italiano, conviene molto di più “coltivare” una “foresta” di pale eoliche piuttosto che un bosco di leccio. E’ preferibile incassare una valanga di denari pubblici come “regali verdi” dalle casse statali, anziché “sopportare” l’onere di una foresta di piante, da accudire quotidianamente, per il benessere e la salvaguardia dell’ambiente. Traguardare quelle cime arse vive dall’incedere delle fiamme non dà l’idea del disastro che si è compiuto. Non si tratta, infatti, della mera distruzione di piante e macchia mediterranea, ma della cancellazione di un patrimonio universale non quantificabile con il tempo degli uomini. Certo, le carte lo hanno messo a nudo: sul fenomeno degli incendi c’è una vera e propria “cupola” degli affari.

Moderne responsabilità

Questo, però, non può celare altre ataviche e più “moderne” responsabilità, a partire dalla considerazione che le istituzioni, i governi, nazionali e regionali, riservano a questo immenso patrimonio naturalistico. Percorrere le strade ancora impregnate di fuliggine, da Santu Lussurgiu a San Leonardo, da Cuglieri a Scano di Montiferro, significa toccare con mano il divieto di trasformare quei boschi, ormai inceneriti, in opportunità, dalla salvaguardia al sostentamento economico. I vincoli per il legnatico popolare, l’impossibilità di contemperare dentro i boschi qualsiasi attività agricola o zootecnica compatibile, i limiti spesso fuori da ogni logica che vietano anche le aziende plurime e integrate silvo-faunistico-venatorie. Senza l’uomo protagonista, positivo e propositivo, dentro le campagne e nei boschi, il rischio è un orizzonte nefasto: abbandono, degrado, disinteresse e devastazione ambientale. C’è una spinta “perversa”: allontanare l’uomo dai boschi, dall’ambiente, rendendo quel patrimonio divieto assoluto piuttosto che opportunità economica e sociale, occupazionale e ambientale. Ci sono i delinquenti che speculano e appiccano il fuoco, ma non esiste un deterrente strutturale capace di dare al patrimonio ambientale dell’Isola un ruolo strategico. Il giorno dopo le fiamme, da sempre, si invocano più aerei e più elicotteri, alimentando maledettamente quel vortice di denari che diventa una catena sempre più pesante per la Sardegna e non solo.

500mila tonnellate di Co2

Una risposta “aerea” che ha buon gioco sull’assenza di politiche ambientali degne di questo nome. C’è un primo dato che dovrebbe far riflettere: il grande incendio del Montiferru ha prodotto la devastante quantità di 500 mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica. Inquinamento atmosferico che non si è certamente limitato ai confini del territorio percorso dalle fiamme. Per capire il grado di devastazione ambientale, e darne una corretta valutazione, basti pensare che la media di emissioni di Co2 a causa degli incendi boschivi in Sardegna nel periodo 1998-2019 era di 250.000 tonnellate annue. Ciò vuol dire che, in soli due giorni, quelle fiamme sul Montiferru hanno immesso in atmosfera il doppio di anidride carbonica che mediamente si produceva in un anno di incendi. Un danno ambientale con effetti moltiplicatori incalcolabili, dalla devastazione paesaggistica a quella naturalistica, economica e sociale.

Bilancio della natura

E poi c’è il bilancio della natura, del suo equilibrio. La funzione dei boschi, quella meno percepita, ma la più importante, è la cattura di anidride carbonica, la cosiddetta Co2, un gas velenoso e maledettamente inquinante. E’ il tema su cui negli ultimi trent’anni si è più discusso: i cambiamenti climatici, il surriscaldamento terrestre e l’inquinamento da Co2. Il bilancio climatico dell’incendio del Montiferru segna una vera e propria duplice devastazione: da una parte l’emissione in atmosfera di una quantità spropositata di anidride carbonica e dall’altra la cancellazione di un immenso “serbatoio forestale di Carbonio”. I boschi da sempre, infatti, sono considerati i polmoni verdi della natura, vere e proprie fabbriche di ossigeno, in realtà, però, la funzione ritenuta più strategica è proprio quella della “cattura” del Carbonio.

Ossigeno e veleni

Oltre a produrre ossigeno, fondamentale per la vita, le piante, infatti, assorbono Co2, un vero e proprio veleno prodotto in grande quantità dalla combustione di carburanti, dal carbone, al petrolio. Si tratta, dunque, per la Sardegna di un danno incalcolabile anche per l’impatto negativo sui cambiamenti climatici. Per comprendere l’importanza del patrimonio boschivo dell’Isola abbiamo analizzato i dati aggiornati dell’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio. Le cifre sono la fotografia di un giacimento di vita che non può essere affidato alle cure di due mesi all’anno di elicotteri e Canadair. In Sardegna esistono 247 mila ettari di boschi di leccio. Ogni ettaro di questa specie vegetale “cattura” e “immagazzina” una media di sei tonnellate di Carbonio per ettaro all'anno. In pratica solo i boschi di lecci dell’intera Isola sottraggono all’atmosfera un milione e 482 mila tonnellate di Carbonio. A questi si devono aggiungere i 245 mila ettari di boschi di sughera e altre querce. In questo caso la media di “cattura” è di 5 tonnellate per ettaro all'anno. Finiscono immagazzinate un milione e 225 mila tonnellate di Carbonio. A seguire la Sardegna dispone di 60 mila ettari di boschi di pino, con una capacità di stoccaggio di 4 tonnellate ad ettaro. Il risultato è di una “cattura” di 240 mila tonnellate di carbonio. Infine, nel quadro ambientale dell’Isola, si registrano 522 mila ettari di giovani rimboschimenti e macchia mediterranea, con una capacità di “immagazzinamento” di una tonnellata di Carbonio per ettaro all'anno, complessivamente 522 mila tonnellate.

Cattura veleni

Il dato complessivo di assorbimento di Carbonio da parte dei boschi sardi è di ben tre milioni e 469 mila tonnellate all’anno. Un valore economico che nessuno considera, viene ignorato in quel vortice di denaro destinato ad incentivare le cosiddette energie rinnovabili. Per essere più espliciti: una pala eolica da tre megawatt viene sostenuta finanziariamente dallo Stato con la giustificazione che compensa 3.846 tonnellate di Co2 all’anno. Un quantitativo analogo di carbonio “stoccato” dalle foreste si raggiunge, invece, con una media di 639 ettari di bosco. Il risultato è drammaticamente sproporzionato. Quella pala eolica da 3 megawatt riceve un milione di euro di incentivi all’anno, quei 639 ettari di bosco, invece, non ricevono assolutamente niente.

Bosco a secco

Con una differenza sostanziale, l’energia eolica ha una compensazione di Co2 meramente virtuale, per non dire finta, mentre quella della foresta è reale. La pala eolica ha un costo di manutenzione minimo, un bosco di 639 ettari ha un carico di oneri gestionali rilevantissimo. L’Università di Stanford ha pubblicato recentemente uno studio secondo cui il "costo sociale", cioè il costo economico verso la collettività, il "costo esterno" di ogni tonnellata di Co2 emessa in atmosfera vale 186 euro, calcolati in seguito ad una minore produzione agricola, ad una crescita dei problemi e conseguentemente dei costi sanitari, dalla minor produttività dei lavoratori, dai costi dei danni ambientali legati a alluvioni e non solo.

Danno sociale

Questo significa che l’incendio del Montiferru ha generato un danno per il solo aspetto economico, climatico e sociale di quasi cento milioni di euro. Il bilancio economico ambientale della Sardegna, però, deve tener conto di un giacimento di oltre un milione di ettari di superficie variamente boscata, capace di “assorbire” 3 milioni e mezzo di tonnellate di Carbonio all’anno, alla pari della compensazione fittizia riconosciuta a 900 pale eoliche. Con la differenza che i signori del vento, per quella compensazione, ricevono ogni anno oltre 900 milioni di euro di incentivi pseudo ambientali. Ai boschi della Sardegna, invece, nemmeno un euro.

Mauro Pili

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