Era il 4 giugno del 1994, 25 anni fa, quando il grande Massimo Troisi moriva nel sonno, a soli 41 anni, stroncato da un attacco di quel cuore pazzerello, che lui ben sapeva prima o poi l'avrebbe condotto alla morte.

E proprio con la morte, Massimo Troisi ci giocava spesso. Ma da immenso capocomico quale era, trovava il modo di scherzarci su, forse per esorcizzarla, per non pensarci, per renderla un normale capitolo del suo straordinario cammino di uomo e artista.

Ucciso dal maniaco Funiculì Funiculà in "No grazie, il caffé mi rende nervoso", ricordato dagli amici in "Morto Troisi, viva Troisi" o morto nella profetica scena finale del "Postino" in cui il protagonista, Mario, viene ucciso dalla polizia durante una manifestazione politica.

Con lui quel 4 giugno se n'è andato un simbolo della comicità partenopea e un autentico caposaldo del cinema italiano, un talento unico riconosciuto in tutto il mondo, capace di raccontare con apparente normalità e leggerezza, con uno stile fresco e dissacrante i mille problemi e le contraddizioni di una città difficile come la Napoli degli anni '80, stretta tra malavita e disoccupazione.

(Unioneonline/v.l.)
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