La “Dop Economy” della Sardegna continua a valere oltre mezzo miliardo di euro, nonostante in un anno abbia fatto registrare una flessione pari al 6,5%.

È quanto emerge dal XXIII Rapporto Ismea-Qualivita presentato a Roma, che fotografa (dati 2024) la situazione del comparto delle produzioni di cibo e di vino a marchio Dop (Denominazione di Origine Protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta), che nell’Isola sono oltre 40.

Il valore dei prodotti sardi Dop e Igp, segnala il report, è pari a 548 milioni di euro, come detto in flessione rispetto al 2023 (quando il valore era pari a 586 milioni di euro).

Nel dettaglio, il comparto cibo Dop e Igp (9 prodotti a marchio) dà lavoro in Sardegna a 15.901 operatori e vale 405 milioni di euro, ponendo l’Isola, nonostante un calo dell’8,5% anno su anno, al sesto posto tra le regioni italiani per impatto.

Più lieve la flessione (-0,2%) per il comparto vino (33 prodotti a marchio) che vede attivi a livello regionale 2.856 operatori e che vale complessivamente 143 milioni di euro.

Tra le province più legate all’economia del comparto Dop e Igp, spicca quella di Sassari (193 milioni di euro), seguita da Sud Sardegna (138 milioni di euro), Nuoro (134 milioni di euro) e Oristano (77 milioni di euro). 

A livello nazionale, il 2024 si è confermato un anno di crescita per la Dop economy per quattordici regioni italiane, con tre territori a fare da traino: Veneto (+2,2%), Emilia-Romagna (+3,%) e Friuli-Venezia Giulia (+8,1%). Particolare segnali flessivi arrivano invece, oltre che dalla Sardegna, anche dal Molise (-17%).

Guardando ai dati italiani nel loro complesso, il settore Dop-Igp del nostro Paese raggiunge 20,7 miliardi euro di valore alla produzione nel 2024 (+3,5% su base annua), registrando una crescita del +25% rispetto al 2020 e contribuendo per il 19% al fatturato complessivo dell’agroalimentare nazionale.

«I risultati della Dop economy confermano, ancora una volta, la forza e l’unicità del nostro sistema agroalimentare», ha commentato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. «Le Indicazioni Geografiche – ha aggiunto il ministro – garantiscono una protezione del saper fare e vedono l’Italia leader mondiale nel numero di prodotti. Il made in Italy non vuol dire solo fatto in Italia, ma buono, sano, da acquistare e da riconoscere anche attraverso questo sistema che ne certifica l’autenticità».

«I dati di questo rapporto – sottolinea invece Cesare Mazzetti, presidente Fondazione Qualivita – confermano che le Indicazioni Geografiche rappresentano non solo un modello avanzato di sviluppo economico, ma anche una politica di successo per il nostro sistema produttivo agricolo e alimentare».

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