«La dichiarazione comune Usa-Ue presentata oggi dal vicepresidente della Commissione europea, Maroš Šefčovič, segna un passo avanti nei rapporti commerciali transatlantici e dà certezze alle due economie, ma penalizza pesantemente alcuni comparti strategici del Made in Italy agroalimentare».

Così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, commenta l’intesa che riprende gli impegni assunti lo scorso 27 luglio in Scozia da Ue e Usa, e che fissa un dazio del 15% “non aggiuntivo” su quasi tutti i prodotti.

Se per comparti come quello dei formaggi, già soggetti a questa aliquota, la misura viene percepita come un compromesso "accettabile", assai diverso è per settori sensibili come quelli del vino e del Pecorino Romano. Per il vino, gli Stati Uniti valgono circa 2 miliardi di euro e rappresentano circa il 25% dell’export italiano verso gli Usa. Per il Pecorino Romano, gli Usa valgono 170 milioni di euro.

Anche se il commissario Šefčovič ha confermato che l’accordo potrà essere rivisto in futuro, «al momento non ci sono aperture e tempistiche concrete». Una rigidità che alimenta le preoccupazioni. «Il vino deve tornare a beneficiare di un dazio zero. Lavoreremo con Governo e Parlamento europeo per proteggere il comparto», dice Giansanti.

Rimane poi aperta la questione delle barriere non tariffarie. Gli Stati Uniti accusano da anni l’Europa di utilizzare standard e requisiti tecnico produttivi come strumenti di protezionismo, «ma – commenta Giansanti - non possiamo accettare che arrivino da Paesi terzi prodotti che non rispettano le nostre regole e i nostri standard». «Se l’intesa di oggi offre maggiore stabilità alle relazioni commerciali, lascia tuttavia aperti fronti delicati che toccano direttamente alcune eccellenze del Made in Italy. Il rischio - conclude il presidente di Confagricoltura – è che il compromesso si trasformi in un vantaggio per pochi settori e in un pesante freno competitivo per altri».

«La conferma che i dazi Usa investiranno le produzioni agroalimentari del Made in Italy al 15% non è certamente una buona notizia – le parole presidente di Confagricoltura Sardegna, Stefano Taras – e lo è ancora meno perché a pagarne le conseguenze saranno anche le produzioni di eccellenza isolane, tra vinicolo e soprattutto caseario del Pecorino Romano. Una serie di comparti che, nel complesso, hanno in Sardegna un giro d’affari verso gli Stati uniti di circa 200milioni di euro». «Pecorino romano e vino regionale – ha proseguito Taras – sono comunque dei comparti solidi che, negli ultimi anni, sono riusciti a portare a casa e a consolidare posizioni di mercato importanti in nord America e che hanno tutte le energie necessarie per affrontare emergenze come quella dei nuovi dazi. Certo è che dobbiamo lavorare, tra i portatori di interesse privati e istituzionali, affinché non si alimentino timori e speculazioni capaci di rendere questo passaggio ancora più gravoso e pericoloso. Allo stesso tempo, come spesso accade nelle trattative commerciali, tutte le possibilità di nuove rinegoziazioni sono aperte. Ed è qui che il governo insistiamo che intervenga per tutelare le nostre economie in sede UE».

(Unioneonline)

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