Chimamanda Ngozi Adichie è un nome difficile da ricordare: troppo esotico, troppo lungo. Eppure appartiene a una delle intellettuali più importanti del nostro tempo.

Lei è una vulcanica scrittrice nigeriana, classe 1977, che ha all’attivo diversi romanzi di successo, come L’ibisco viola e Americanah, e che una rivista importante come "Time Magazine" ha incluso nel 2014 nell’elenco delle cento persone più influenti al mondo.

Il breve saggio Cara Ijeawele. Quindici consigli per crescere una bambina femminista (Einaudi, 2017, Euro 15 pp. 96. Anche Ebook) ci aiuta a capire perché Chimamanda Adichie è riuscita a ritagliarsi un ruolo tanto importante nel panorama intellettuale del nostro tempo.

Cara Ijeawele, infatti, è un libricino minuscolo, così risicato da solo sfiorare le cento pagine. Però è assolutamente denso, profondo, addirittura necessario.

Il punto di partenza è la richiesta di un’amica, Ijeawele appunto, che vuole sapere dalla scrittrice come crescere sua figlia installandole un po’ di sano femminismo.

La scrittrice le risponde in una lettera appassionata, dal tono intimo e politico insieme, scandita in quindici, essenziali consigli. Suggerimenti che vogliono essere dei punti di partenza per riflettere, porsi dei dubbi, trovare delle possibili strade perché le donne del futuro siano più consapevoli del loro valore, delle loro capacità, della loro unicità.

In questo senso il libro provoca il lettore. Soprattutto se è un genitore non può non chiedersi: "Come sto crescendo mia figlia? Sta diventando una bella principessa che un giorno sposerà il suo principe azzurro?" oppure, come scrive l’autrice "il suo obiettivo è essere pienamente se stessa, una persona onesta e consapevole della pari umanità degli altri?".

Ognuno di noi si troverà, scorrendo le pagine del libro, a chiedersi a che punto è della propria crescita personale. Si domanderà come si pone davanti alle ingiustizie, se si sta realizzando davvero o ha inibito i propri sogni, perché qualcuno ha detto che sono sogni "da maschio" o "da femmina".

Il breve saggio quindi si rivela uno stimolante manifesto programmatico per riaffermare il bisogno di essere fino in fondo se stessi e sottolineare la necessità di trovare la forza per crescere figlie e figli forti, consapevoli e liberi. Capaci di resistere all’omologazione di una società che ancora oggi troppo spesso vuole ingabbiare soprattutto le bambine in un ruolo predefinito per mezzo della violenza, fisica o psicologica.

Come ci ricorda proprio Chimamanda Adichie un ruolo che ci viene imposto non ha nessun valore reale e ognuno di noi ha diritto di scegliere di essere ciò che vorrà. Perché la dignità non dipende dallo sguardo e dal giudizio degli altri e la realizzazione non dipende dal compiacere quello sguardo.

Roberto Roveda

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