È l’autunno del 1658 quando, in un pomeriggio carico di umido e nuvole, il giovane Stefano fa un incontro che gli cambierà per sempre la vita. Alle porte del paese di Porto Escuso, su un carro proveniente da Villa Ecclesia, si presenta un uomo dai profondi occhi verdi che indossa un vestito scolorito e sdrucito. Sostiene di chiamarsi François Delavera: un uomo dal passato misterioso, in fuga da qualcosa o, forse, in cerca di qualcuno. Il primo mistero, che tale resterà a lungo per gli abitanti, ci viene però svelato presto dall’autore, Giovanni Fiabane: l’uomo è in realtà una donna, il suo vero nome è Danae e viene dall’Irlanda.

L’incontro tra Stefano e Danae corrisponde – se possiamo concederci un parallelismo – a quello tra Jim Hawkins e una figura che resta a metà strada tra il vecchio Billy Bones e il pirata Long John Silver ne “L’isola del tesoro” che, come nel romanzo di Stevenson, rappresenta l’ambiguità della morale e, con essa, l’impossibilità di definire con certezza il confine tra bene e male, laddove questo possa essere compiuto per evitarne uno peggiore.

“Black Danae” (Pettirosso editore, 532 pagine) è un romanzo d’avventura e formazione che, attraverso il punto di vista prevalente di Stefano – testimone e cronista delle vicende narrate – trascina il lettore tra l’Irlanda e il Nuovo Mondo, tornando poi al Vecchio Continente ed esplorando i rapporti con le province dell’Impero Ottomano.

Il Sulcis non si pone come espediente narrativo, bensì come baricentro tra tutte le avventure dei vari personaggi, luogo che mantiene coesione tra il passato e il futuro. 

Tra le pagine si incontreranno corsari e pirati, Grandi di Spagna e umili pescatori, in un tempo in cui viaggiare era di certo pericoloso ma, paradossalmente, le frontiere appaiono meno chiuse, più ricche di possibilità; anche la pericolosa Algeri si rivelerà luogo di possibilità, per chi saprà coglierle con cuore scevro dal pregiudizio. Sarà infatti spesso nel diverso e nell’inaspettato che i protagonisti sapranno trovare riparo, amore e pace.

Fiabane offre al lettore una storia articolata e ricca di colpi di scena, e una voce narrante che, non senza qualche fatica, cerca di proporsi come diaristica e quindi naturale, intrigante. Nel complesso, tuttavia, rileviamo che una maggiore cura editoriale, tesa a ridurre alcuni artifici ricorrenti e il numero non trascurabile di refusi, avrebbe giovato al romanzo.

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