Si parla molto in questi tempi di crisi della democrazia, di un ritorno a un autoritarismo e a una personalizzazione della politica che sembravano appartenere al passato novecentesco.

Si assiste a una rinascita dell’antisemitismo e a rigurgiti fascisti e anche neonazisti, con formazioni che si rifanno all’ideologia hitleriana, presenti anche nei parlamenti di nazioni europee come accade con Alba Dorata in Grecia.

Gli antichi dicevano che la storia è maestra di vita, ma visto come vanno le cose c’è da dubitare che si possa imparare dagli errori e orrori del passato. Non per questo non bisogna provare ad aiutare, soprattutto le nuove generazioni, le più esposte ai miti della forza e della sopraffazione, a capire fino in fondo cosa è stata l’ideologia nazista.

Conoscere per capire. Uno strumento, paradossalmente, è leggere quello che è stato il vero e proprio testo sacro del nazismo, il Mein Kampf (“La mia battaglia”), scritto da Adolf Hitler nel 1925 e disponibile in Italia in un’edizione curata da uno dei massimi politologi nostrani, Giorgio Galli (Kaos edizioni, 2009, Euro 25,00, pp. 550).

Leggendo il libro emerge come Hitler, quasi dieci anni prima di prendere il potere nel 1933, avesse posto le basi del nazionalsocialismo preannunciando apertamente la barbarie nazista. Il Mein Kampf trova, infatti, la sua essenza nelle scarne parole introduttive di Giorgio Galli: è “la meticolosa teorizzazione della minacciosa ideologia nazista e l’annuncio dei propositi hitleriani”.

All’epoca della sua uscita, negli anni Venti del secolo scorso, fu liquidato come propaganda o frutto di una mente esaltata, deriso e letto poco. Sicuramente le sue pagine, intrise di odio, putrescenza intellettuale e morale, razzismo e delirio non danneggiarono Hitler nella sua ascesa né impedirono che ben tredici milioni e settecentomila tedeschi votassero per il Partito nazionalsocialista alle elezioni del 1932, aprendo così la strada alla dittatura nazista.

Eppure il libro, tra ampollosità, storture linguistiche, sintassi avventurose, noiose elucubrazioni e lungaggini, è quasi disarmante nella sua esposizione dei futuri destini della Germania. Vi si legge “nel caso si spegnesse l’Ariano portatore di civiltà non sopravvivrebbe nessuna civiltà rispondente all’altezza spirituale degli odierni popoli superiori”, ed ecco il delirio della supremazia razziale ariana unito al mito della purezza della razza che sta alla base dei programmi futuri di eugenetica: “Lo Stato deve affermare che è incapace di procreare chi soffre di malattia evidente o chi porta tare ereditarie e che quei mali può tramandare ai suoi discendenti e causare in realtà questa incapacità. Chi è malato o indegno di corpo e di spirito non è giusto che riproduca i suoi patimenti nel corpo di un bambino”.

Continuando si trova, a chiare lettere, tutta la politica espansionistica del Terzo Reich dato che “riacquistare i frammenti di un popolo è innanzitutto un riscattare la potenza politica e l’indipendenza della patria. I territori oppressi ritorneranno a far parte del Reich per mezzo di una spada pronta a colpire”.

C’è già tutto il Drag nach Osten, la marcia verso est perché “noi nazional-socialisti volgiamo lo sguardo alla terra situata all’est. Quando oggi parliamo di nuovo territorio in Europa dobbiamo pensare in primo luogo alla Russia o agli stati marginali a essa soggetti”. E spicca l’odio irriducibile per la Francia che “è e resta il maggior nemico” assieme ai borghesi, ai comunisti e al popolo ebraico perché “il primo dovere non è quello di formare una costituzione nazionale dello Stato ma di eliminare gli ebrei”.

Terminata la lettura, le parole hitleriane continuano a rincorrersi nella testa, assieme a tanti perché… perché non fu fermato, perché lo seguirono? perché, perché? Domande per il passato, ma a noi interessa il presente. Ci si ritrova, perciò, con la certezza che il Mein Kampf va letto, non può essere ripudiato come qualcosa di estraneo al nostro mondo, appartenente a un passato infernale oramai scomparso nelle nebbie del tempo. Perché le parole hitleriane attecchirono nelle coscienze di uno dei popoli più colti della modernissima Europa e rimangono come monito di quanto risibile sia il confine tra civiltà e barbarie, tra Eden e inferno, tra raffinatezza e primordialità.

E sono tutti confini fragili anche oggi alla luce della rinascita in molti paesi europei di tendenze xenofobe e razziste, di desideri antidemocratici quando non autoritari, del culto dell’Unico capace di risolvere ogni problema. Il desiderio è di rendere veramente lontane nel tempo e definitive le parole della Primavera hitleriana, poesia scritta da Eugenio Montale durante la visita di Hitler a Firenze nel 1938: “Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale/tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso/e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito”…sì, inghiottito per sempre!

La copertina del libro

Scheda

Il Mein Kampf nasce dall’unione di due libri hitleriani. Il primo, una sorta di resoconto autobiografico e agiografico, fu pubblicato nel 1924. Il secondo, intitolato Il movimento nazionalsocialista, uscì nel 1926. I due libri vennero, poi, riuniti in un unico tomo di cui furono vendute 287.000 copie prima dell’ascesa al potere di Hitler nel 1933.

Nei dodici anni di regime nazista le copie vendute furono oltre dieci milioni nella sola Germania e Hitler divenne ricchissimo grazie ai diritti d’autore. Dopo la sconfitta nazista, milioni di esemplari del libro furono mandati al macero e i diritti d’autore di tutte le edizioni del Mein Kampf (salvo quello inglese e olandese) passarono allo stato della Baviera che li ha detenuti fino 31 dicembre del 2015 (70 anni dopo morte dell’autore). In molti Paesi il libro è vietato ma è oramai reperibile su Internet in versioni in tutte le lingue, molte delle quali prive di commento critico e legate a case editrici filonaziste.
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