Uno dei grandi studiosi novecenteschi della Letteratura latina, il tedesco Edward Norden, scrisse in una sua opera famosa: «Ciò che ci resta della letteratura romana, come di quella greca, è soltanto un cumulo di rovine, tanto ridotto, in confronto alla sua estensione originaria, quanto i ruderi del Foro romano attuale in confronto a quello dell’età imperiale. Questa realtà ci obbliga a porci la domanda: ‘Quali forze hanno agito nella conservazione o nella distruzione della letteratura antica?’».

La risposta a questa domanda la troviamo nel bel saggio di Tommaso Braccini Avventure e disavventure dei classici (Carocci editore, 2025, pp. 176) in cui con bel ritmo narrativo vengono descritte le tante storie, spesso incredibili, che hanno permesso capisaldi della nostra cultura come Aristotele, Omero, Plauto o Catullo di non perdersi del tutto nell’oblio, ma di giungere, magari in maniera lacunosa e fortunosa, fino ai nostri giorni.

I classici greci e latini, infatti, per molti secoli non hanno potuto contare sulla facilità di diffusione e di produzione di copie garantita a partire dal secondo Quattrocento dalla stampa. Le parole di Virgilio, Livio, Callimaco e Tacito dovevano essere ricopiate rigorosamente a mano. Certo, degli autori più famosi si realizzavano molte copie, ma siamo sempre nell’ordine delle centinaia di volumi, magari di qualche migliaio.

La copertina del libro

Era facile nel corso dei secoli che accadesse qualche imprevisto. Le tirature erano basse, anticamente si scriveva sul papiro, materiale estremamente deperibile quando non andava perduto nei frequenti incendi delle biblioteche dove bastava una candela incauta a provocare disastri. Poi si ricorse, soprattutto dal Medioevo, alla pergamena, più resistente perché ricavata dalla pelle delle pecore. Ergo, per fare un volume bisognava sacrificare un gregge, con costi altissimi, e un amanuense doveva lavorare anni per riprodurre un testo. Si è calcolato che per copiare interamente una Bibbia ci voleva il lavoro di un centinaio di copisti che si mettessero all’opera almeno per un anno, tutti assieme.

Per questa ragione, durante il Medioevo, non tutto fu copiato perché era troppo oneroso tramandare l’intero sapere antico, un sapere che in parte era considerato superato perché non corrispondente agli insegnamenti del cristianesimo. Si prediligevano le opere scritte in un bel latino, magari su temi edificanti mentre i testi licenziosi oppure troppo paganeggianti cadevano nel dimenticatoio. 

Le poche copie esistenti di autori poco considerati invecchiavano, letteralmente marcivano oppure la pergamena, debitamente raschiata, veniva riutilizzata per scrivere opere più al passo coi tempi. Inoltre gli ultimi esemplari di poesie, romanzi, trattati dell’antichità sono stati rubati, contrabbandati, mascherati all’interno di altre opere e nascosti in posti impensabili come pollai e stalle. L’acqua del Nilo, l’inchiostro della censura, studiosi senza scrupoli, persino animali da cortile e avide SS hanno minacciato di toglierceli per sempre.

Il libro di Braccini ci parla di questi libri e di altri dall’esistenza ancora più avventurosa. Testi ritrovati dove meno ci si aspettava: versi di Plauto nascosti tra le pagine di una Bibbia, teoremi matematici sotto (false) miniature bizantine, racconti piccantissimi nella biblioteca del monastero di Montecassino, romanzi greci nella copertina di libri afgani. Per non parlare dei falsi, come un Satyricon completo che continua a circolare ancor oggi come se fosse autentico. E poi ci sono le leggende che sono nate intorno alle opere dell’antichità, da Omero, che avrebbe plagiato un’antica sacerdotessa egizia di nome Fantasia, alla gigantesca opera storica di Livio, che sarebbe integralmente conservata a Istanbul o in Marocco... o nei sotterranei di Castel dell’Ovo a Napoli. Avventure e disavventure dei classici ci parla di opere sopravvissute nonostante tutto e tutti, dei miti che le hanno circondate, e degli uomini e delle donne che le hanno rinvenute e salvate. È grazie a loro se Greci e Romani, pur a fatica, ci parlano ancora oggi.

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