L’espressione "Via della Seta" indica l’insieme delle vie di comunicazione che a partire dall’epoca antica e per tutto il Medioevo misero in contatto il bacino del Mediterraneo (e quindi l’Europa) con l’Estremo Oriente, in particolare la Cina. Questi percorsi attraverso l’Asia centrale presero questo nome particolare perché, in origine, servivano a far giungere in Occidente soprattutto la seta, tessuto molto apprezzato e ricercato di cui solo i cinesi conoscevano i segreti di produzione. La Via della Seta non fu però solo una via commerciale ma per secoli un insostituibile strumento di relazione tra Occidente e Oriente, un percorso lungo il quale transitavano merci preziose ma anche idee, conoscenze, arte e cultura. Il volume Storie segrete sulla Via della Seta (Mimesis, 2020, euro 18, pp. 136) di Alessandro Coscia e Sergio Coppola ci porta proprio alla scoperta di quanto ha ancora da raccontarci questa antica via di collegamento lungo la quale per millenni Oriente e Occidente si sono incontrati, sovrapposti e anche mescolati. Storie segrete o semplicemente poco conosciute come conferma uno dei due autori del libro, Alessandro Coscia: "La Via della Seta, così come molte altre realtà storiche e geografiche, può raccontarci molte storie sconosciute o poco note, a patto di guardarla con occhi nuovi. Il nostro sguardo deve perdere quella prospettiva 'eurocentrica', dobbiamo sforzarci di liberarci delle nostre categorie mentali, degli occhiali che usiamo, inevitabilmente, per interpretare la realtà e soprattutto i fenomeni lontani dalle nostre consuetudini. Se ci proviamo, potremmo scoprire che un imperatore romano, come Teodorico, ha progettato il suo monumento funebre, il mausoleo di Ravenna, ispirandosi alla ‘yurta’, la tenda dei nomadi delle steppe usata anche dal suo popolo, i Goti, in un’area attraversata da questa via. Ecco che in un monumento ufficiale di un sovrano occidentale vediamo fusi elementi della cultura classica insieme a influenze orientali, addirittura etniche. Oppure potremmo scoprire che la Via della Seta è stata, all’inizio, la via del vino e che la coltivazione della vite, sulle rotte da est a ovest, è stata un elemento prezioso di diffusione culturale".

Su quella via transitarono grandi condottieri e si incontrarono grandi imperi.

"Alessandro Magno seguì queste rotte per realizzare il suo sogno di un impero universale e addirittura influì sulla diffusione del concetto di ‘sovranità’ anche in India. O, ancora, potremmo scoprire che l’Impero romano e quello cinese, fin dall’epoca della dinastia Han, nel II secolo a.C., si conoscevano: è molto interessante vedere come i rispettivi sguardi, quelli degli storici e dei cronisti delle due culture, tentassero di interpretare le caratteristiche fondamentali dell’organizzazione politica e civile, gli usi e i costumi, anche con gli inevitabili fraintendimenti".

Perché è stata tanto importante per noi occidentali?

"Via della Seta è un termine abbastanza recente: compare per la prima volta nel 1877, in un testo del geografo tedesco Ferdinand von Richthofen. Ma fin dal passato remoto la Via della Seta è stata in realtà un reticolo, un network di percorsi di terra e di mare, un elemento propulsore di scambi culturali ed economici: un fenomeno che si potrebbe paragonare all’attuale ‘globalizzazione’. Forse pochi sanno che gli Han decisero di regolarizzare i commerci su queste rotte perché avevano bisogno di importare cavalli forti per i loro eserciti: le razze equine locali erano troppo deboli. Ma prima ancora, passando lungo il bacino del Fiume Giallo, un metallo prezioso come la giada arrivava in Cina, almeno a partire dall’epoca della dinastia Shang (1600-1046 a.C.). La seta cinese (la cui natura era ignota, al punto che si pensava fosse di origine vegetale) arrivava così al Mediterraneo e da lì entrava nelle lussuose residenze di faraoni egizi, sovrani ellenistici, imperatori e famiglie nobiliari romane. Noi moderni fatichiamo ancora a renderci conto di quanto, nel passato, anche in epoche che non possedevano i nostri mezzi di trasporto e di comunicazione, le persone, le merci (non solo la seta), le idee, le religioni, le filosofie si muovessero e si intrecciassero producendo fenomeni di sincretismo e nuove scoperte in molti campi del sapere".

Perché conoscere la sua storia e le sue storie è ancora oggi attuale?

"La risposta sta proprio nella contemporaneità. Per fare un esempio a noi vicino, Italia e Cina, nel 2019, hanno firmato un trattato che prevede una partnership commerciale ad ampio raggio nello scenario della ‘Via della Seta’. Il dibattito, anche politico, che ne è seguito, dimostra quanto sia vitale il tema dell’incontro e scontro di civiltà e, ancor più, il tema dell’identità, in un’epoca di contatti velocissimi, di dinamiche economiche e sociali che sfuggono a definizioni di confine e a gabbie territoriali. Guardare al passato ci aiuta a interpretare il presente con la giusta ottica, se riconosciamo che alcuni fenomeni hanno in realtà radici lontanissime".

Cosa ci può dare ancora la Via della Seta, ci può aiutare a costruire una relazione più stretta anche con mondi lontani?

"Le relazioni con mondi lontani, ce lo insegna l’antropologia, nascono dalla consapevolezza delle differenze non dalla ricerca spasmodica delle similitudini fra civiltà. Solo comprendendo la natura profonda dei tratti specifici di ogni cultura se ne potranno apprezzare la bellezza, il senso, la ragion d’essere. E, restando all’attualità, l’epidemia odierna è uno specchio, se pur impazzito, di questi processi: riconoscere le peculiarità di ogni popolo e il suo modo di vivere la realtà ci può aiutare a costruire una comunicazione più efficace fra nazioni differenti e a evitare che virus come quello che ora sta flagellando il pianeta compromettano i rapporti a causa della diffidenza, delle narrazioni propagandistiche e dei lati opachi della gestione del potere".

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