“I sette imperi”: il nuovo, appassionante romanzo di Andrea Frediani
Una saga millenaria, e il potere del fuoco grecoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Nell’Atene del V secolo a.C., devastata da peste, carestie e guerre, Menas scopre per caso un’arma potentissima: un fuoco che non si spegne mai, destinato a diventare celebre come “fuoco greco”. Mentre la città è allo stremo, sua moglie Kora vorrebbe usarlo per ottenere potere, ma Menas, fedele ai valori democratici di Atene, si oppone. La loro scelta li divide per sempre, dando origine a due rami familiari destinati a scontrarsi nei secoli. Attraverso i sette più grandi imperi della storia – dal macedone al romano, dal persiano al bizantino, dal Sacro Romano Impero a quello ottomano, passando per lo sterminato impero mongolo – i discendenti di Menas e Kora si ritroveranno sempre al centro dei grandi eventi della storia: nel corso dei secoli combattono e si sacrificano, istituiscono sette e confraternite religiose e creano un potere-ombra, per controllare il segreto del fuoco eterno. Solo dopo duemila anni di avventure parallele, che talvolta si incrociano sui campi di battaglia e nelle corti imperiali, arriverà la resa dei conti, nel drammatico scenario della caduta di Costantinopoli del 1453.
Con I sette imperi (Newton Compton, 2025, pp. 992, anche e-book) Andrea Frediani, maestro riconosciuto del romanzo storico nostrano, costruisce una saga appassionante ed epica che intreccia libertà e tirannia, ambizione e altruismo e si dipana per due millenni.
Ad Andrea Frediani abbiamo chiesto: come è nata l’idea di un romanzo di così vasto respiro?
«Mi è stato espressamente chiesto dall’editore, in verità. E onestamente, una richiesta così ‘irragionevole’ poteva venire solo da chi non è esattamente uno specialista della materia storica. Ma ho accettato la sfida e mi sono messo all’opera. In fondo, sebbene abbia avuto successo con le epoche antiche, a me la storia piace tutta, ed era una buona occasione per spaziare attraverso i secoli».
Quali sono state le difficoltà nello scrivere un romanzo che è una vera e propria saga millenaria?
«Innanzitutto, quella di dare coerenza alla saga. Era davvero difficile trovare un modo non forzato di creare una linea temporale lunga due millenni, un legame tra le epoche che mi consentisse di sviluppare un racconto coerente e logico. E poi, ovviamente, ci sono state le difficoltà legate alla documentazione: magari per noi occidentali le fonti su impero romano e sacro romano impero sono familiari, facilmente reperibili. Ma spostandosi sull’impero ottomano diventa più complicato. Onestamente, se questo libro lo avessi scritto all’inizio o a metà della mia carriera, avrei impiegato anni, o non ci sarei riuscito affatto. Ma adesso ho quasi quarant’anni di carriera sulle spalle, ed è stato importante ciò che avevo imparato prima, documentandomi per la redazione di decine di libri e centinaia, forse migliaia di articoli…».
Quanto vi è di storico e quanto vi è di invenzione nel romanzo?
«Ho inserito una citazione tratta dalle fonti in ogni puntata del libro proprio per dimostrare al lettore che mi sono basato sulle testimonianze dell’epoca. Lo scopo era di rappresentare tutti i momenti clou della storia tra V secolo a.C. e XV d.C. In teoria, quindi, pressoché tutto quello che racconto è accaduto, tutti i personaggi che cito sono esistiti veramente. Solo i membri della dinastia immaginaria che si contende il fuoco greco sono inventati; tutti, tranne tre: Callinico, che è considerato l’inventore del fuoco greco, e Chelubey e Alessandro Peresvet, che fanno parte dell’epica russa».
In cosa quest'opera si differenzia dai suoi romanzi precedenti?
«In tutto, direi. Nella forma, per prima cosa: ho raccontato la storia come se fosse una serie TV. Quindi non ci sono capitoli e paragrafi, ma stagioni e puntate. Ogni stagione corrisponde a un’epoca storica, ogni puntata a un contesto/evento storico. E l’ho scritto come una potenziale sceneggiatura, come un resoconto in presa diretta. Quindi la narrazione è al presente storico, non al passato remoto come si usa per i romanzi storici. Naturalmente, anche il contenuto differisce dagli altri miei romanzi: è la prima volta che affronto tante epoche e tante civiltà tutte insieme in un romanzo. Finora, tutt’al più, avevo affrontato la storia di più generazioni, come per esempio, in Roma caput mundi, la storia di Costantino e della sua dinastia: ma si era trattato di poco più di mezzo secolo di storia…».
Cosa rappresenta il fuoco greco nel libro?
«Il fuoco greco è stata l’arma di distruzione di massa del Medioevo. Grazie a essa i bizantini hanno mantenuto il loro impero per secoli. Si trattava di un fuoco che non spegneva neanche nell’acqua, e abbiamo molte raffigurazioni di una specie di lanciafiamme che montavano sulle navi. Ma la formula è rimasta sconosciuta, e forse i bizantini stessi l’hanno persa, a un certo punto della loro epopea, perché hanno smesso di usare il fuoco greco (peraltro poi superato dall’avvento delle armi da fuoco). Comunque, è stato proprio il fuoco greco la soluzione che ho adottato per creare una linea logica attraverso i secoli: una famiglia che ne conservasse la formula segreta e se la tramandasse di generazione in generazione. Ma nel mio romanzo il fuoco greco è anche una metafora del potere stesso: lo puoi usare per importi sugli altri, o solo per difenderti. Per questo, il libro è anche una lunga riflessione su democrazie e assolutismi».
E ora, a cosa ci dedichiamo dopo un libro tanto impegnativo?
«Bella domanda… Adesso mi sento un po’ svuotato. Vorrei scrivere una storia in tempo reale, magari descrivere 48 ore incalzanti di un evento. Così, tanto per fare l’esatto contrario de I sette imperi… Oppure, questo romanzo potrebbe essere il degno finale di una carriera, chissà…».