Non si può negare che la Bibbia abbia esercitato una influenza molto profonda sulla storia delle donne in Occidente. Per secoli, le Sacre Scritture sono state interpretate e utilizzate per definire in maniera netta l’identità maschile e quella femminile, relegando le donne in ruoli subalterni, stabiliti da modelli di tipo gerarchico e patriarcale. Ruoli contraddistinti da una presunta inferiorità femminile che tuttavia le innumerevoli figure presenti nella Bibbia – da Sara a Maria, da Ester alla Maddalena – così come gli studi biblici degli ultimi decenni sembrano smentire.

Nel saggio Le radici del mondo (Mondadori, 2025, Euro 21,00, pp. 216) la storica e teologa Adriana Valerio propone il frutto di oltre quarant’anni di lavoro proponendo una rilettura delle figure femminili della Bibbia che supera le interpretazioni tradizionali. Con saggezza e sapienza, oltrepassando la semplice lettura del testo, smaschera i pregiudizi storici e indaga il complesso rapporto tra il sacro e le questioni di genere, con particolare riferimento alla reinterpretazione del mito di Eva. Ma perché proprio Eva? Adriana Valerio lo spiega con parole che aprono la strada a riflessioni nuove, a tratti spiazzanti: «Perché la prima donna è un archetipo dalle mille sfaccettature e dai tanti significati, molti ancora da esplorare: una rappresentazione simbolica dell’umano alla ricerca di una propria autonomia. È l’archetipo della nostra esperienza il cui racconto non offre risposte, ma domande, non chiude nel passato, ma apre al futuro, e la forza evocativa della sua figura invita a pensare alle ambiguità della vita e all’enigma dei rapporti umani».

Queste poche righe ci fanno capire come i temi che emergono nelle pagine del libro di Adriana Valerio non appartengano al passato né siano confinati a curiosità storico-accademiche. Viceversa, interrogano profondamente l’attualità. La figura di Eva ci invita, infatti, a riflettere su tematiche come l’essere in relazione, il generare vita, la cura del creato, l’impegno per la pace, l’essere stranieri, l’esercizio del dubbio, il dolore della maternità e tanto altro ancora.

Come scrive Valerio: «Simbolicamente, Eva con la sua scelta ha messo in movimento la storia consentendo all’umanità di entrare nel tempo, di riconoscere la propria parzialità nella relazione e di assumersi la responsabilità della vita e del mondo; ha indicato che Eden non è nel passato remoto, ma davanti a noi come luogo di consapevolezza e di felicità da raggiungere».

Ecco, quindi, che il mito di Eva, al pari delle vicende delle tante figure femminili che popolano il testo biblico, ha una straordinaria eco nel presente e al tempo stesso è un invito a guardare al futuro, un futuro inedito che va atteso e costruito, e scuote perché ci richiama nel profondo del nostro essere: alle radici del mondo e della nostra storia.

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