Dal Dna dei sardi uno studio sull’evoluzione delle popolazioni nel Mediterraneo occidentale
Un gruppo di ricercatori è anche pronto a sequenziare l'intero genoma di persone provenienti da Sardegna, Sicilia e Corsica e con nonni tutti originari della medesima provinciaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il Dna di donatori di sangue di Bologna, insieme a quello di altri volontari reclutati in Sicilia, Sardegna e Corsica, per ricostruire la storia evolutiva delle popolazioni che vivono nelle tre principali isole del Mediterraneo occidentale.
È quanto sta alla base di “Crossing the Sea”, il progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell'Istruzione e che coinvolge le Università di Ferrara (come coordinatore), di Bologna, Palermo, Firenze e Cagliari. Un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell'Alma Mater, in particolare, sequenzierà l'intero genoma di persone i cui nonni sono tutti originari della medesima provincia di una delle tre isole.
Il Dna dei volontari che parteciperanno allo studio sarà confrontato con quello antico, estratto e sequenziato dalle altre università, a partire da diverse centinaia di reperti umani che coprono una scala temporale da 20mila anni fa fino al Medioevo. Dal confronto tra genomi antichi e moderni si potrà ricostruire la storia biologica e demografica delle popolazioni delle isole e le diverse dinamiche di popolamento. Inoltre, si potranno esplorare gli adattamenti biologici che queste popolazioni hanno avuto nel corso dei millenni in risposta a determinate condizioni ambientali, alla presenza di patogeni endemici e all'adozione di particolari diete o pratiche culturali.
Obiettivo dello studio, dunque, è "descrivere con una risoluzione mai raggiunta prima l'articolato insieme di processi che hanno reso possibile la colonizzazione di Sicilia, Sardegna e Corsica da parte della nostra specie e comprendere meglio le dinamiche che hanno portato alla formazione dell'attuale patrimonio genetico dei popoli dell'Europa meridionale", spiega Marco Sazzini, che guida il gruppo di ricerca dell'Università di Bologna.
(Unioneonline/v.l.)