In molti l’hanno evocata negli ultimi mesi come l’unica mediatrice credibile nel conflitto in corso tra Russia e Ucraina: parliamo, naturalmente, di Angela Merkel, per ben 16 anni guida della Germania e dal dicembre scorso ritiratasi volontariamente a vita privata. Merkel, però, ha finora tenuto fede alla promessa di rinunciare alla politica attiva, lasciando delusi i molti che rimpiangono il suo carisma e la sua sagacia di grande mediatrice. Una delusione che non può sorprendere dato che stiamo parlando di una protagonista assoluta della storia recente d'Europa.  Una leader spesso indispensabile, talvolta contestata, sempre protagonista degli eventi in cui si è trovata coinvolta. Nessun capo di governo di Paesi democratici, infatti, ha resistito più di lei all'usura del tempo e alla stanchezza fisiologica dell'elettorato. Nessuno ha saputo come lei mantenere la rotta nelle grandi emergenze del nostro tempo. Alle tempeste che hanno scandito i suoi sedici anni alla guida della Germania – la crisi dei debiti sovrani, il caos finanziario della Grecia, le ondate migratorie, la crisi ambientale, il terrorismo internazionale e la pandemia – Angela Merkel ha risposto tenendo insieme in un delicato equilibrio interessi tedeschi e ideali europei. E in circostanze eccezionali ha agito d'impulso, come se la spinta morale avesse il sopravvento sulla prudenza.

Una vera protagonista, di cui, però, si conosce molto poco della vicenda personale. Una lacuna che viene ampiamente colmata dall’interessante biografia dedicata alla leader tedesca da Massimo Nava, giornalista del Corriere della Sera, intitolata Angela Merkel. La donna che ha cambiato la storia (Rizzoli, 2021, Euro 19,00, pp. 372. Anche Ebook). Nel libro la storia della cancelliera tedesca viene raccontata con un approccio particolare, ponendo l’accento sulle origini di Merkel: l'educazione protestante, la giovinezza nella nube grigia della dittatura comunista nella Germania dell’Est, la formazione scientifica, l’educazione in una famiglia non comune, con un padre che era pastore della Chiesa luterana.

Perché è tanto importante partire dalle origini del “fenomeno” Merkel?

“Per prima cosa perché questa parte della vita è quella meno conosciuta. Era la parte più interessante da esplorare rispetto a quella legata al periodo dell’impegno politico e pubblico. Merkel a quel punto diventa un personaggio sempre sulla ribalta internazionale e in un certo senso conosciuto. Nella prima parte c’era tutta una vita da scoprire. La seconda ragione è perché a mio parere comprendere la prima Merkel, cioè la sua formazione, la sua ‘navigazione’ nelle acque tormentate della Germania orientale è un modo per comprendere la Merkel pubblica e politica”.

Cosa ha dato alla Merkel politica il fatto di crescere in uno Stato particolare come la Germania Est?

“Credo che l’esperienza giovanile vada distinta in almeno due aspetti. Prima di tutto l’educazione familiare, l’impostazione fortemente etica determinata da genitori. L’educazione protestante ha accompagnato Angela Merkel per tutta la vita dato che l’ex cancelliera è ancora oggi una persona credente. Vi è poi la parte maggiormente pubblica legata al suo destreggiarsi nella società e nelle istituzioni della Germania orientale. E qui vi sono luci e ombre perché Merkel partecipò alla vita pubblica della Germania dell’Est, senza mai compromettersi, ma senza neppure diventare una oppositrice del regime comunista al potere. Merkel ebbe la capacità di non essere mai dissidente, ma nello stesso tempo non si trasformò neppure in una complice del regime condannato dalla storia. Merkel comunque non fu partecipe della rivoluzione che fece cadere la DDR. Emerse dopo sulla scena pubblica”.

Il cancellierato di Merkel ha segnato la vita politica della Germania e dell’intera Europa in questo inizio di millennio. Quali sono state le luci e le ombre di questo lungo periodo di permanenza al potere?

“Il giudizio di questo lungo periodo in cui Merkel è stata al governo e guida anche del suo partito è per forza di cose controverso. Non tutto è andato nel migliore dei modi, ma il grande merito di Merkel è di aver impedito all’Europa di implodere nonostante la crisi economica del 2008, la crisi greca, le tensioni in Ucraina cominciate ben prima dell’attacco russo dello scorso 24 febbraio e la pandemia. Merkel saputo spesso tenere aperto il dialogo con i partner europei e ha avuto iniziative coraggiose come l’accoglienza di quasi un milione di profughi che fuggivano dalla guerra in Siria e la scelta di abbandonare il nucleare fatta nel 2012. Ha poi portato la Germania a una crescita economica importante, soprattutto a partire dal 2013. In ultimo Merkel ha sposato, in collaborazione con il presidente francese Macron, l’idea di un grande soccorso economico all’Europa attraversata dalla pandemia, con una fetta importante di aiuti data anche all’Italia”.

E le ombre?

“Le ombre, oggi ingigantite dalla propaganda dei suoi avversari, sono l’aver perseguito una politica internazionale che teneva troppo in considerazione le esigenze dell’apparato produttivo tedesco e che ha portato a una eccessiva dipendenza energetica nei confronti della Russia e tecnologica ed economica in termini di esportazioni con la Cina. Oggi, con la crisi in atto e la guerra in Ucraina, queste scelte stanno penalizzando la Germania, il Paese che soffre di più per la nuova situazione internazionale”.

Tutto demerito di Angela Merkel?

“A mio parere no. La Germania ha una politica di vicinanza alla Russia che risale a ben prima di Merkel. E poi le critiche sono in parte ingenerose perché nei 16 anni in cui è stata cancelliere Merkel ha governato per tre mandati in coalizione con i socialdemocratici, cioè quelli che oggi criticano le sue scelte”.

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