Sono trascorsi 31 anni da quando Silvio Berlusconi, appena sceso in campo, prometteva un milione di posti di lavoro. Ce l’ha fatta invece Giorgia Meloni, nei suoi primi tre anni di mandato come presidente del Consiglio dei ministri, e sono rose e fiori. Però non solo rose e fiori, perché sale (e non di poco) il numero di cassintegrati.

Partendo dalle buone notizie, ad agosto gli addetti totali in Italia hanno raggiunto il picco di 24,1 milioni. Non è il record, ma solo perché lo si era raggiunto il mese prima, quando il totale dei lavoratori italiani era a quota 24,2 milioni: centomila in più.

Settore cattive notizie: nel primo semestre di quest’anno, se lo confrontiamo con lo stesso periodo dell’anno precedente, si deve notare che il totale delle ore di cassa integrazione autorizzate è salito di una percentuale poco sotto il 22,2 per cento: quasi un quarto in più, insomma. In questo computo la Cgia, cioè l’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre autrice di ricerche sempre assai documentate, inserisce la Cig ordinaria, quella straordinaria e la cassa integrazione guadagni in deroga. Quel 22,2 per cento di aumento delle ore autorizzate corrisponde a 305,5 milioni di ore nel primo semestre del 2025, mentre nella prima metà del 2024 il totale si era fermato 54,7 milioni più giù.

Volendo entrare più nei particolari, si può partire dalla Cigd, cioè quella in deroga, quindi un intervento di integrazione salariale a sostegno di imprese che non possono ricorrere agli strumenti ordinari perché esclusi all’origine o perché hanno esaurito il periodo in cui potevano utilizzare le tutele ordinarie. Ebbene, benché abbia un totale di ore molto contenuto, la Cgid è crollata del 70 per cento. Spostiamo il faro sulla Cigo, cioè la cassa integrazione ordinaria, che si può utilizzare per periodi di crisi di breve durata e transitori dovuti a eventi non evitabili: crisi di mercato, eventi meteorologici, pandemie e altre motivazioni come queste. In questo caso, la crescita è stata contenuta: ha segnato un 7,3 per cento.

E poi c’è un’impennata piuttosto preoccupante ed è quella della Cig straordinaria. È il tipo di cassa integrazione che si applica in caso di ristrutturazione, riorganizzazione, conversione aziendale o crisi complessa, per un periodo di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro. Ecco, in questo caso l’aumento è stato del 46,4 per cento, che è quasi un raddoppio. Per quale motivo preoccupa molto? Perché segnala la difficoltà che alcuni settori vivono in questa fase, tra i quali spicca la manifattura.

Torniamo a dove batte il sole: nei primi tre anni di Governo, dunque, i risultati per quanto riguarda l’occupazione sono decisamente positivi: che poi sia merito magari degli imprenditori, più che della politica, non sarebbe un dettaglio, ma ci sono altri dati che chiedono attenzione e quindi andiamo avanti. Sempre nel triennio, la crescita è stata sotto l’uno per cento, quindi significa che il miglioramento dell’occupazione non ha portato aumenti della produzione, quantomeno nei servizi e nel terziario.

Secondo la Cgia di Mestre, è anche per questo motivo che i poveri stipendi italiani (inferiori alla media europea) faticano a crescere, o quantomeno non lo fanno abbastanza. E certo non aiuta un problema eterno in Italia, cioè il tasso di occupazione femminile fra i più bassi nell’Unione europea, e poi ci sono troppi Neet: sono i giovani dai 17 ai 35 anni che non studiano, non lavorano, non si specializzano in un’attività lavorativa. Insomma, si alzano la mattina e hanno come unica occupazione attendere di andare a letto la notte.

E allora, se mettiamo insieme una produzione industriale che stenta a riprendersi e un aumento importante del ricorso alla cassa integrazione, a dominare sono le ombre, non certo le luci. Insomma, si rischia di scivolare in una crisi strisciante che ha già colpito la Germania e la Francia, e l’unico modo che abbiamo per non cascarci anche noi è spendere bene, e in fretta, gli oltre cento miliardi di euro che il Pnrr ci mette ancora a disposizione. Non per sempre: devono essere “messi a terra” entro giugno dell’anno prossimo, quindi entro sette mesi. Con quei soldi si deve riammodernare il Paese, altrimenti si entra in crisi anche qui.

Andando a vedere dove le ore di cassa integrazione sono state applicate nel settore strategico del manufatturiero, scopriamo che la Cigs ha riguardato soprattutto il comparto dell’auto. Nei primi sei mesi del 2025 si è giunti a 22 milioni di ore, con un incremento dell’85,8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Al secondo posto le imprese metallurgiche, consumatrici di 20 milioni di ore di Cig (+56,7 per cento), terza posizione per la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici con quasi 11,3 milioni di ore (+12,5 per cento) e poi le calzature con 11,1 milioni di ore di Cig (+144,3 per cento). In questi quattro settori è contenuto il 55 per cento del totale autorizzato per il comparto manifatturiero a livello nazionale.

Nei dati provinciale svetta negativamente Campobasso, maglia nera per incremento delle ore autorizzate di Cig, In quella zona, a Termoli, c’è uno dei principali stabilimenti Stellantis (ex Fiat) del Mezzogiorno e l’incremento di ore quest’anno è stato del +1.255 per cento. L’auto soffre tantissimo, insomma. Secondo posto per Cuneo (+347 per cento), terza è Asti (+289) e poi Potenza (+280). E chi è che invece migliora? Sorpresa tutta sarda: a Oristano, dove le ore di Cig richieste sono scese del 74 per cento. Meglio ancora Nuoro con una flessione del 75,6 per cento. Terza è Crotone con un decremento dell’87,8. E dove va peggio? Nel Nordest, in particolare in Piemonte, dove la crisi dell’auto ha spinto in alto le ore autorizzate per un terzo esatto: +33,3 per cento.

Qualche numero: per quanto riguarda la Cig straordinaria, nel primo semestre del 2024 le ore erano state autorizzate 70.633.590, mentre nel primo semestre di quest’anno si è saliti a 116.511.434, con un incremento di 45.977.844 ore, pari a un aumento del 65 per cento.

Nella classifica dei più alti incrementi di cassa integrazione, tra le province italiane, troviamo quella di Sassari al dodicesimo posto con un +108,5 per cento. Cagliari è al numero 14 (+94,7). Diciannovesimo il Sud Sardegna (+85,4), Oristano è alla posizione numero 105 (-74,2) e Nuoro al posto 106 con -75,6 per cento.

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