Dopo quasi cinquant’anni di assenza dal calendario delle festività civili stanno per tornare in grande stile le celebrazioni dedicate a San Francesco. La Camera ha appena approvato la proposta di legge che ripristina il 4 ottobre, giorno dedicato al “Poverello” come festa nazionale. Voto bipartisan a grandissima maggioranza a Montecitorio, con due sole preferenze contrarie e otto astensioni (voti riconducibili ad Azione). Ora serve il passaggio al Senato: l’obiettivo è quello di reintrodurre ufficialmente la festa nazionale a partire dal 2026, nella ricorrenza degli ottocento anni dalla morte del patrono d’Italia.

Una storia di alti e bassi

La storia più recente legata a questa festa ha visto vari cambi di scena: l’istituzione del giorno nazionale in onore di San Francesco risale al 1859, quando, in pieno Risorgimento, il 4 ottobre divenne «festa di solennità civile» nel Regno di Sardegna, riconosciuta poi anche nel Regno d'Italia. Nel 1929 la firma dei Patti Lateranensi tra Stato italiano e Vaticano cancellò la celebrazione dedicata al santo dei poveri, sostituita per volere di Mussolini, dalla festa dei santi apostoli Pietro e Paolo il 29 giugno. Una decisione che mirava a marcare una rottura con la tradizione risorgimentale e a consolidare il consenso del regime attraverso un'alleanza nuova con la Chiesa. Il religioso di Assisi trovò però nuovo riconoscimento nazionale con la legge votata dal Parlamento nel 1958.

Le forbici sul calendario

La tradizione della festa del 4 ottobre venne bruscamente interrotta con il provvedimento numero 54 del 5 marzo 1977, che ridusse il calendario dei giorni festivi legati a celebrazioni religiose per esigenze di tenuta economica: non erano più sostenibili i costi per le troppe soste nelle attività produttive e lavorative in un’Italia alle prese con la crescita incontrollata dell’inflazione. Con San Francesco vennero cancellate anche la festa di San Giuseppe del 19 marzo, l’Ascensione (il giovedì dopo la quinta domenica dopo Pasqua, prevalentemente a maggio), il Corpus Domini (anche questo caso di giovedì, di solito a giugno, collegato alla mobilità della Pasqua e della Pentecoste). Via dal calendario dei giorni festivi anche i santi Pietro e Paolo di fine giugno. La legge del 1977 aveva spostato la festa della Repubblica (reintrodotta però nel 2001) dal 2 giugno alla domenica successiva e aveva assegnato identica sorte alle celebrazioni per le forze armate del 4 novembre. Quella pesante sforbiciata nei calendari dei lavoratori si trasformò, grazie a faticose trattative sindacali, in cinque giorni di permessi retribuiti mobili, inseriti in quasi tutti i contratti nazionali, che in diversi casi conservano anche la voce delle festività soppresse.

I costi della festa

I costi della reintroduzione della festa del 4 ottobre per le casse dello Stato si aggirano – secondo le stime - intorno ai 10,6 milioni di euro: prevale la quota del lavoro festivo legato al servizio sanitario nazionale, che si aggira sugli 8,7 milioni, mentre quasi 1,9 milioni saranno destinati ai corpi di polizia, alle forze armate e ai vigili del fuoco. Ma il problema si porrà soltanto a partire dal 2027 perché la celebrazione dell’anno prossimo cadrà di domenica.

Chi era San Francesco?

San Francesco d’Assisi (nato nel 1182 e morto a 44 anni) è una delle figure più amate e universali del cristianesimo. Figlio di un ricco mercante umbro di stoffe, trascorse la giovinezza tra agi, feste e sogni cavallereschi. La svolta radicale arrivò dopo un periodo di malattia e prigionia: Francesco decise che la vera ricchezza non era riconducibile ai beni materiali, ma solo «all’amore per Dio e per i poveri». Si spogliò di tutti i suoi averi in età ancora giovanile, tra il 1206 e il 1207, in un periodo di forte contrasto col padre Pietro di Bernardone: scelse di vivere nella povertà assoluta, fondò l’Ordine dei Frati minori, basato su umiltà, fraternità e servizio agli ultimi. Insieme a Santa Chiara diede vita anche al ramo femminile, le Clarisse. Secondo le ricostruzioni (esaltate dagli affreschi di Giotto) Francesco si distinse per l’amore verso la natura e tutte le creature, viste come sorelle e fratelli nel disegno divino. Morì il 3 ottobre 1226 e fu canonizzato appena due anni dopo. San Francesco è stato proclamato patrono d’Italia il 18 giugno 1939 con una cerimonia celebrata da Papa Pio XII (e avallata dal Fascismo, che aveva corretto il tiro rispetto al 1929). Il santo di Assisi è stato riconosciuto «simbolo universale di pace, umiltà e dialogo, capace di parlare a credenti e non credenti con la forza del suo esempio». 

«Un simbolo di pace e di coesione»

Perché è stato deciso di ridare lustro alla festa di San Francesco? «Abbiamo accettato la proposta del poeta Davide Rondoni, presidente del comitato nazionale per le celebrazioni dell'ottavo centenario della morte di San Francesco», ha spiegato Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, primo firmatario della proposta di legge. «Riteniamo importante proclamare un giorno di festa nazionale nel suo nome come richiamo alla pace, alla coesione e alla lezione di fede e spiritualità». La motivazione indicata alla Camera: «La festa è istituita al fine di celebrare e di promuovere i valori della pace, della fraternità, della tutela dell’ambiente e della solidarietà», incarnati dalla figura di San Francesco d’Assisi.

Il dibattito alla Camera

Durante il dibattito a Montecitorio il deputato di Forza Italia Paolo Emilio Russo ha sottolineato come «in un'epoca di divisioni Francesco unisca». Filiberto Zaratti dai banchi di Avs si è rivolto alla maggioranza in modo ironico «Se Francesco fosse vissuto ai nostri tempi lo avreste definito un “buonista”, uno che sta sempre dalla parte degli ultimi, che cerca la pace». Carmela Auriemma di M5S ha parlato di Francesco come «una stella polare, un punto di riferimento degli italiani, per questo il nostro movimento è nato il 4 ottobre 200», per questo votiamo insieme a questa ipocrita maggioranza». Per il Pd (nelle parole di Gian Antonio Girelli) «San Francesco è la parte migliore di noi, diciamo sì con questo afflato e ci auguriamo diventi un modo di guardare al futuro per tutta quest'aula». Critica Daniela Ruffino di Azione (che si è astenuta): «L'Italia può permettersi una festività in più? Continuiamo ad avere un debito pubblico alto, godiamo già di dodici festività nazionali obbligatorie. Chiediamo meno forma e più sostanza». Secondo Lorenzo Malagola dí Fratelli d’Italia «reintrodurre la festività soppressa nel 1977 non è né uno spreco né un capriccio della maggioranza, è una questione di identità». Ora per il via libera definitivo del provvedimento servirà il passaggio al Senato ma la larghissima maggioranza della Camera ha trasformato in mera formalità il voto di Palazzo Madama. E poi è difficile pensare a colpi di scena nell’Italia «di poeti e di santi».


 


 


 


 


 


 


 

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