«Giocare a tennis mi piace, non so cosa mi riserverà il futuro ma farò di tutto per continuare». È la notizia più bella per gli appassionati di tennis, oltre il successo numero 14 a Parigi, numero 22 in un torneo del Grande Slam, record assoluti stabiliti da Rafa Nadal.

Rafael Nadal (foto Ansa)

Il mondo ha trattenuto il fiato quando ha preso il microfono dopo la premiazione, temeva che lo spagnolo trentaseienne di Manacor si ritirasse, che dicesse addio allo sport, colpa di un piede martoriato da un’infiammazione cronica.

Invece no. Rafa va avanti. Almeno sino a quando glielo consentiranno i suoi problemi fisici. Alla vigilia del match contro il norvegese Casper Rudd aveva giurato: «Preferirei perdere la finale a Parigi ma essere sano». Poi è sceso in campo e ha vinto. Così come aveva fatto a Melbourne nella prima prova stagionale del Grande Slam.

In teoria è a metà del guado: se inanellasse anche Wimbledon e Flushing Meadows aggiornerebbe per sempre i libri sulla storia del tennis completando il grande slam che nessuno realizza dal 1969 (Rod Laver). In pratica invece non si se neppure scenderà sui prati londinesi fra tre settimane: a oggi non si è iscritto a nessun torneo al mondo da qui alla fine dell’anno. Di sicuro questo 2022, che avrebbe dovuto segnare il sorpasso nelle vittorie Major di Nole Djokovic ai danni di Nadal e Federer, sta diventando trionfale per Rafa.

Rafael Nadal (foto archivio L'Unione Sarda)

«S’il vous plait e merci» rivolti ai raccattapalle durante i match, la corsa per sincerarsi delle condizioni di Zverev stramazzato a terra dopo una terribile distorsione alla caviglia durante una combattutissima semifinale: a Parigi Rafa Nadal con piccoli grandi gesti ha ricordato perché è il tennista più amato del pianeta a pari merito con Federer (che però è lontano da tempo per infortunio dal circuito internazionale). Comportamenti in linea con le sue iniziative benefiche della sua fondazione mai pubblicizzate oppure con l’ospitalità offerta nel suo centro sportivo ai suoi compaesani rimasti qualche anno fa senza alloggio dopo un’alluvione: un campione dentro e fuori dal campo.

Rafael Nadal (foto Ansa)

Lo spagnolo ha trionfato a Parigi pur avendo un tabellone difficilissimo e non fosse nelle condizioni fisiche ideali: nei quarti contro Djokovic e in semifinale contro Zverev ha vinto di fatto due partite del valore di una finale slam, una di seguito all’altra, prima di battere in finale la rivelazione Ruud che è un osso durissimo sulla terra ma che si è squagliato di fronte ai diritti e ai rovesci arrotati del maiorchino finalmente esaltati da condizioni meteo ideali, sole e vento che non hanno ridotto le palline a stracci bagnati e quindi lentissime.

Quello che stupisce di Nadal è l’evoluzione tecnica e tattica. Lo ricordiamo 17enne a Cagliari nel 2003, in un torneo internazionale che perse in finale contro l’azzurro Andrea Gaudenzi: grande diritto, gambe incredibili e tenacia. Di lì a un anno avrebbe vinto il suo primo Roland Garros, in pratica con le stesse armi.

Per contrastare sua maestà Federer di quegli anni e poi il fortissimo Djokovic, Rafa ha capito che avrebbe dovuto continuamente aggiornare e migliorare il suo tennis. L’ha fatto: con impegno, serietà, passione per questo sport.

È arrivato nel corso della sua carriera a vincere due volte Wimbledon sull’erba, anche Melbourne e Flushing Meadows, a diventare numero uno al mondo dimostrando incredibili progressi nel gioco al volo, arrivando a servire a duecento chilometri all’ora, inserendo il serve and and volley nei momenti chiave del match e adesso, quando l’infortunio a un piede è diventato cronico, a giocare spesso il back spin di rovescio, un colpo quasi demodè a livello professionistico, ma che è efficacissimo per variare il ritmo degli scambi e in difesa quando nelle sue gambe manca quel passo che da giovane bruciava terra, erba o asfalto.

Rafa Nadal sul campo da golf del Pevero (foto archivio Unione Sarda)

Il comune denominatore di questa evoluzione durata tanti anni e che l’ha portato a vincere da veterano a 36 anni nel 2022  le prime due Slam dell’anno è la tenacia, la capacità di non mollare mai, di lottare punto contro punto contro avversario e contro il dolore.

«Ho giocato con il piede anestetizzato, – ha dichiarato dopo il match in sala stampa – adesso proverò una nuova terapia che mi “addormenterà" il piede, se non funzionerà sarò costretto a prendere decisioni importanti: un intervento chirurgico delicato». Che sottintende l’addio al tennis.

A Parigi ha annullato a Djokovic due set point che avrebbero portato il match al quinto set in una condizione difficile per il maiorchino (di notte, palle umide e poco veloci), contro Zverev quattro set point consecutivi nel tie break del primo set in analoghe condizioni meteo difficili, con il campo centrale coperto per la pioggia e l’umidità quasi insostenibile per chiunque.

Contro Ruud in finale non c’è stata quasi mai partita ma gli appassionati se la sono goduti poco: temevano che Rafa Nadal a fine match potesse annunciare il suo ritiro.

Addio rimandato, ora si guarda alle cure e al futuro, che è l’erba di Wimbledon dove la presenza dello spagnolo è a rischio. Il torneo vietato ai russi su disposizione del circolo londinese non assegnerà punti validi per la classifica mondiale per decisione dell’Atp. Si giocherà per il montepremi, certo, e per la gloria. O per la storia, fate voi.

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